La donna, operata per una cisti, avrebbe subito l’asportazione dell’ovaio sinistro, benché nella descrizione dell’operazione non fossero state segnalate difficoltà tecniche intra-operatorie
Il Tribunale civile di Palermo ha riconosciuto un risarcimento di 53 mila euro (a fronte dei 250 mila richiesti) alla famiglia di una donna che avrebbe subito l’asportazione dell’ovaio durante un intervento chirurgico.
In base a quanto riportato da Repubblica, alla danneggiata era stata diagnosticata, nel 2014, una cisti ovarica. Da lì la decisione di sottoporsi a un’operazione di asportazione presso il reparto di Ginecologia e Ostetricia di una struttura sanitaria del capoluogo siciliano.
Dimessa, la donna avrebbe dovuto ritirare il referto dell’esame istologico dopo un mese, ma quando aveva telefonato per sapere se fosse pronto le era stato spiegato che il campione prelevato per l’accertamento era andato smarrito.
A quella notizia sarebbe seguito un crollo fisico e psichico della paziente, costretta a eseguire i marker tumorali ogni tre mesi, a chiedere un orario lavorativo part time e a iniziare una cura psichiatrica.
Nell’estate del 2015, poi, una risonanza magnetica con mezzo di contrasto aveva evidenziato che l’ovaio sinistro non c’era più, sebbene nel referto delle due ecografie eseguite successivamente all’intervento nello studio privato del ginecologo che l’aveva operata si dicesse che c’era.
“Risulta acclarato – si legge nella sentenza – che a seguito dell’intervento chirurgico era stato asportato l’ovaio sinistro, benché nella descrizione dell’operazione non fossero state segnalate difficoltà tecniche intra-operatorie o la presenza di aderenze che rendessero necessaria siffatta asportazione e, inoltre, a causa dello smarrimento del campione istologico prelevato era stata preclusa alla paziente la possibilità di escludere l’insorgenza di una neoplasia o comunque la presenza di endometriosi o di altra patologia”.
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