Nel caso in cui la giusta causa di recesso datoriale sia costituita dalla circostanza che il lavoratore sia rimasto assente senza giustificazioni dal servizio, il datore di lavoro può limitarsi a provare l’assenza nella sua oggettività, mentre grava sul lavoratore l’onere di provare gli elementi che possano giustificare la condotta

L’assenza ingiustificata dal lavoro

Un dipendente, con qualifica di dirigente di una società di trasporti aveva impugnato il licenziamento a lui intimato dalla società datrice di lavoro al fine di farne accertare l’illegittimità ed ottenere la reintegrazione con le mansioni da ultimo svolte. A fondamento del licenziamento la società resistente aveva posto la circostanza dell’assenza ingiustificata del lavoratore in ben quattro giornate lavorative tra i mesi di giugno e settembre 2016, e durante una visita di controllo da parte dell’INPS.

Tali fatti erano stati solo parzialmente contestati dal ricorrente, che aveva confermato l’assenza ingiustificata nelle due giornate, e l’assenza durante la visita di controllo da parte dell’INPS.

Il lavoratore aveva tuttavia, assunto a propria discolpa, l’assenza di illiceità della condotta contestatagli, sostenendo di essere affetto da malattie cardiache gravi e soggetto a rischio di infarto improvviso, e che pertanto era stato costretto più volte ad assentarsi per recarsi in Farmacia a comprare medicinali “salvavita”. Tanto era accaduto anche il giorno della visita medica, quando avendo riscontrato un pericoloso sbalzo di pressione che l’aveva costretto ad uscire dalla abitazione nel pomeriggio per recarsi in Farmacia.

L’assenza ingiustificata dal lavoro

Sul punto, la giurisprudenza ha più volte affermato che “nel caso in cui la giusta causa di recesso datoriale sia costituita dalla assenza ingiustificata dei lavoratore dal servizio, il datore di lavoro – su cui grava l’onere della prova della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento – può limitarsi a provare l’assenza nella sua oggettività, mentre grava sul lavoratore l’onere di provare gli elementi che possono giustificare l’assenza e in particolare la sua dipendenza da causa a lui non imputabile” (Cass. sez lav. 29.11.1999 n. 13352; Corte appello Torino, 13/01/2005; Corte appello Firenze, 04/03/2003).

Nel caso di specie, il lavoratore pur sostenendo che l’assenza per malattia delle giornate contestate, fosse stata “regolarmente comunicata al capo impianto” non aveva prodotto alcuna prova di tale comunicazione e neppure aveva prodotto alcun certificato medico (necessario a giustificare l’assenza del lavoratore per malattia ex art. 31 CCNL).

Parimenti, priva di fondamento è stata ritenuta la tesi attorea secondo cui il lavoratore affetto da patologie gravi che richiedono terapia salvavita dovrebbe ritenersi escluso dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità.

Anche in questo caso, al giudice del lavoro è stato sufficiente rilevare l’assenza di documentazione medica idonea a dimostrare che l’assenza dal lavoro fosse etiologicamente riconducibile ad una patologia grave che richiedeva terapie salvavita (sul punto l’art. 31 CCNL espressamente prevede l’esonero dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità in caso di “patologie gravi che richiedono terapie salvavita, attestate da idonea documentazione, rilasciata dalle competenti strutture sanitarie pubbliche o accreditate con il SSN, dalla quale si evinca la patologia e la terapia salvavita da effettuare”).

A questo punto, la questione da risolvere era la seguente: può l’assenza ingiustificata dal lavoro per due giornate e l’assenza dalla visita di controllo per una giornata, costituire giusta causa di recesso datoriale?

Come è noto “la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare” (Cassazione civile, sez. lav., 28/04/2017, n. 10568).

Dal punto di vista soggettivo, allora, va considerato che il lavoratore già in sede di giustificazioni aveva – parzialmente – ammesso il fatto, tentando di giustificare il proprio comportamento.

Dal punto di vista oggettivo, la valutazione in ordine alla lesività della condotta deve essere, invece, effettuata tenendo in debito conto le previsioni collettive che regolano la materia.

Ebbene, alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Civitavecchia (Sezione Lavoro, sentenza n. 240/2020) ha ritenuto che l’assenza dalla visita di controllo INPS in una giornata e l’assenza ingiustificata dal lavoro per due giornate costituissero inadempimenti tali da ledere irreversibilmente il rapporto fiduciario.

In tali casi “Salvo quanto disposto dal comma 2, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità” (art. 3, comma 1 d.lgs. n. 23/2015).

La decisione

Per queste ragioni, il Tribunale di Civitavecchia (Sezione Lavoro, sentenza n. 240/2020) ha dichiarato risolto dalla data del licenziamento il rapporto di lavoro inter partes e riconosciuto al ricorrente il diritto di percepire una indennità pari a 6 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, pari a 4.467,3 euro oltre interessi.

Avv. Sabrina Caporale

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