Anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di donazione compiuto dal debitore

La vicenda

Due coniugi ricorrevano per Cassazione contro la sentenza del Tribunale di Treviso che, in accoglimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. esperita dalla società Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a.,  aveva dichiarato inefficace il contratto con cui l’uno aveva donato alla moglie un immobile di sua proprietà sito nel Comune di Treviso.

L’esponente, in punto di fatto, riferiva che a seguito di una verifica fiscale effettuata dal nucleo di Polizia Tributaria di Treviso, gli venivano notificati tre avvisi di accertamento, cui aveva fatto seguito la notifica, da parte di Equitalia Nord S.p.a., della cartella di pagamento per l’importo di Euro 95.5486,40.

Al fine di recuperare tale somma, la società Equitalia Nord, esperiva – innanzi al Tribunale trevigiano – azione revocatoria, in relazione al predetto contratto di donazione in favore della moglie.

Accolta dal primo giudice la domanda attorea, la relativa decisione veniva gravata dai due coniugi con atto di appello, dichiarato poi, inammissibile in difetto di ragionevole probabilità di accoglimento, da parte della Corte Lagunare.

Quindi, il ricorso per la cassazione della sentenza impugnata per aver accolto l’azione revocatoria, quantunque il credito a garanzia del quale la stessa risultava esperita, presentasse natura di credito litigioso, essendo oggetto di un diverso giudizio rientrante, oltretutto, nella giurisdizione del giudice tributario; circostanza, questa, che a detta dei ricorrenti, impediva al Tribunale trevigiano di accertare anche solo in via incidentale l’esistenza del credito attoreo.

La sentenza impugnata era perciò errata poiché aveva posto a fondamento il riconoscimento di una mera aspettativa creditoria.

La Terza Sezione Civile della Cassazione (ordinanza n. 22859/2019) ha rigettato il ricorso perché infondato.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale anche un credito litigioso (tale era la originaria condizione di quello a garanzia del quale è stata esperita l’azione revocatoria) può essere tutelato ai sensi dell’art. 2901 c.c., in quanto tale norma “ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, sicché anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 22 marzo 2013, n. 5619).

La decisione

Come, in effetti, chiarito da tempo dalle Sezioni Unite, non osta a tale conclusione il disposto dell’art. 295 c.p.c., “per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l’accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito” (così Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2004, n. 9440; Cass. Sez. 3, sent. 10 febbraio 2016, n. 2673).

L’esistenza del credito, pertanto, ponendosi come mero presupposto oggettivo dell’azione revocatoria, forma oggetto di un accertamento “incidenter tantum” (così, in particolare, Cass. Sez. 1, sent. 12 luglio 2013, n. 17257, Rv. 627499-01), che non necessità di specifica domanda.

Ebbene, nel caso in esame, non vi erano dubbi che la richiesta dell’attrice (Equitalia) di accertare la propria ragione di credito, lungi dal porsi come oggetto di una specifica domanda, costituisse solo la richiesta di accertare la condizione soggettiva legittimante l’esperimento della cd. “actio pauliana”, sicché le doglianze dei due ricorrenti dovevano dirsi infondate.

La redazione giuridica

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