L’oggetto della decisione a commento è la condanna ai sensi dell’art. 589 cpp inflitta al tecnico radiologo per avere cagionato il decesso della paziente. Più in particolare, l’imputato, quale tecnico di radiologia dell’ospedale di Sorrento, per colpa consistita in negligenza ed imperizia, per non aver assicurato la sbarra di sicurezza della barella su cui la donna si trovava al momento in cui le veniva praticato l’esame radiologico, ne causava la caduta a terra e quindi il decesso.
L’intervento della Suprema Corte viene invocato dal tecnico radiologo che deduce l’intervenuta prescrizione del reato, seppur in epoca successiva alla decisione della Corte d’Appello, essendo decorso dal fatto il termine di anni 7 e mesi 6, in assenza di cause di sospensione, e la nullità della CTU per omessa nomina di un collegio peritale. La Corte di Cassazione rigetta per inammissibilità (Corte di Cassazione, IV penale, sentenza 7 marzo 2025, n. 9455).
La dinamica dell’evento
Nel dicembre 2016 la vittima veniva ricoverata presso l’ospedale di Sorrento per una gastroenterite, ove veniva prescritta una radiografia addominale.
La donna era disidratata, ma vigile e cosciente, e la sua situazione clinica era da qualificare come da codice giallo (come pure indicato nei referti delle ore 20:21 e 23:27), non versando in imminente pericolo di vita, veniva quindi deciso il ricovero per ulteriori approfondimenti diagnostici e strumentali. Solo dopo la caduta, nel corso della nottata, veniva cambiato il codice in rosso, poiché la situazione era nettamente peggiorata.
I Giudici di merito hanno anche accertato che la barella, seppur vecchia, era perfettamente funzionante e che il tecnico radiologo, per come riferito in sede di interrogatorio, dopo aver effettuato l’esame radiologico, si era allontanato per recarsi nella saletta attigua per completare l’esame, senza aver trovato l’infermiere all’esterno della sala, e quindi lasciando da sola la paziente, che cadeva. Invece, la presenza dell’infermiere nella saletta attigua a quella dove fu eseguito l’esame radiografico è stata riferita dalla dott.ssa B.M., dirigente radiologo.
La causa del decesso
Riguardo la causa del decesso, i Giudici di merito hanno aderito alla ricostruzione proposta dai CTP delle persone offese e del PM, sottolineando come le lesioni encefaliche determinarono l’ipertensione endocranica e quindi un effetto di compressione sui centri che regolano la respirazione, che determinarono l’arresto cardiocircolatorio.
La diversa ricostruzione proposta dal CTP dell’imputato è stata scartata sia per le contraddizioni in cui è incorso durante l’esame, sia perché l’accertamento fu solo documentale, sia perché, se il decesso fosse dipeso dalla cardiopatia ischemica (di cui pure era affetta la donna), di certo non si sarebbe registrato quello stato comatoso che invece dipese dalla compromissione dei centri della regolazione respiratoria e cardio-circolatoria.
Responsabilità del Tecnico Radiologo
Riguardo, infine, la caduta dalla barella, asseritamente responsabile del decesso, è stato ritenuto del tutto inverosimile che una persona anziana come la vittima potesse da sola abbassare la sponda e disancorarne il perno di sicurezza. Ergo, o il tecnico radiologo non aveva affatto alzato la sponda dopo aver eseguito la radiografia, oppure lo aveva fatto, ma senza assicurarsi che si fosse inserito anche il perno di sicurezza.
Pertanto, nel momento in cui il tecnico si allontanava per terminare l’esame, lasciando sola la donna senza assicurarsi della messa in sicurezza della sponda, pose in essere una condotta colposa che ha innescato la serie causale.
Invalidità dell’elaborato peritale
I familiari della vittima non si confrontano con l’insegnamento di legittimità richiamato, secondo il quale nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, la nomina di un solo perito, anziché di un collegio, in violazione dell’art. 15, comma 1, legge 08/03/17, n. 24, non è causa di nullità dell’elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista, né incide sulla sua affidabilità, risultando esso comunque idoneo a offrire le conoscenze scientifiche necessarie per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio.
Motivazioni della Corte di Cassazione
Del resto, è principio consolidato quello secondo cui quando il convincimento del Giudice poggia su più ragioni distinte, ciascuna delle quali idonea a giustificare la decisione adottata, i vizi logici o giuridici relativi ad una sola di tali ragioni non inficiano la decisione che trova adeguato sostegno negli altri motivi non affetti da quei vizi.
Quanto al mancato svolgimento della perizia, non si è in presenza della mancata assunzione di prove decisive in quanto, in tema di ricorso per Cassazione, deve ritenersi decisiva, secondo la previsione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia.
Pertanto, non colgono nel segno le doglianze sul punto avanzate in quanto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, invocata, è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale svolta in primo grado e alla conseguente constatazione del Giudice di non poter decidere allo stato degli atti.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto di non svolgere integrazione probatoria, avendo valutato la completezza della piattaforma probatoria quanto alla individuazione delle cause che portarono alla morte della donna.
Tutto ciò è stato correttamente applicato dai Giudici di secondo grado: il ricorso viene integralmente rigettato con condanna al ricorrente alle spese.
Avv. Emanuela Foligno