Confermata in Cassazione la responsabilità della proprietaria di un cane condannata a risarcire una donna caduta dopo essere stata sospinta dal quadrupede

Con l’ordinanza n. 18099/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato dalla proprietaria di un cane contro la sentenza di merito che l’aveva vista condannare, ai sensi dell’art. 2052 del codice civile, al risarcimento dei danni subiti da una donna che era caduta dopo aver visto il quadrupede che le si avventava contro.

La ricorrente contestava la fondatezza della pretesa attorea, lamentando la ricorrenza del nesso di causa tra la caduta ed il gesto dell’animale; inoltre adduceva la sussistenza del caso fortuito, in quanto l’animale era custodito in un’area recintata e protetta, da cui era riuscito ad allontanarsi scavando una buca. La Corte di appello, tuttavia, in riforma della pronuncia di primo grado aveva dato ragione alla parte offesa.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente eccepiva che il Collegio territoriale, pur ritenendo contrastanti le deposizioni testimoniali “sulla taglia, sul colore, sull’età, sulla parte del corpo (schiena o petto)”, aveva comunque ritenuto che da esse si evincesse che la parte offesa sarebbe stata sospinta dal cane. A suo avviso, invece, avrebbe dovuto confrontare le deposizioni raccolte e valutare la credibilità dei testimoni in base ad elementi soggettivi ed oggettivi, l’intrinseca congruenza di dette dichiarazioni e la convergenza di esse con gli elementi di prova acquisiti, per poi esporre le ragioni che l’avevano portata a ritenere più attendibile una testimonianza rispetto all’altra o ad escludere la validità di entrambe.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte, respingendo il ricorso.

Come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, la valutazione delle prove rientra nella discrezionalità del Giudice di merito; pertanto, le deposizioni testimoniali, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, così come la scelta tra le varie risultanze probatorie in base a quelle più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito.

Nel caso in esame il giudice a quo, con motivazione congrua e scevra da qualsivoglia vizio logico e giuridico, aveva affermato che dall’istruttoria era emerso che nulla fosse stato dimostrato in ordine alla esistenza delle buche nonché del nesso di causa fra queste ultime e la caduta della ricorrente.

La Corte d’Appello aveva correttamente confrontato le deposizioni testimoniali, aveva fornito una ragionevole spiegazione circa la parziale divergenza tra le testimonianze ritenute attendibili, aveva motivato il giudizio di inattendibilità di uno dei testimoni escussi. Da li la decisione di respingere il ricorso.

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