Anche la caduta che avviene in un’area di proprietà privata richiede una condotta diligente da parte dell’utente, soprattutto se i luoghi  sono dallo stesso conosciuti

La vicenda trae origine dalla caduta di una donna in un tratto di strada di proprietà privata in cattive condizioni di manutenzione, accentuate dalla pioggia intensa durante il giorno dell’evento.

La donna subiva lesioni fisiche non modeste (contusione del cranio, del viso, della mano e distorsione della caviglia) e adiva il Tribunale onde ottenere il risarcimento del danno.

Il Tribunale dà ragione alla danneggiata riconoscendole un risarcimento di euro 13.000,00.

I proprietari del tratto di strada impugnano in Appello ove viene escluso il diritto della donna al risarcimento dei  danni fisici in considerazione della circostanza che la stessa frequentava abitualmente il tratto di strada luogo della caduta che, per affermazione della donna stessa, peggiorava sensibilmente in caso di pioggia.

Proprio per tale ragione i Giudici d’Appello riformano integralmente la sentenza di primo grado adducendo che la danneggiata non prestava la dovuta attenzione nel percorrere il tratto di strada.

La donna ricorre in Cassazione insistendo per il risarcimento del danno ed eccependo il dissesto della strada, peraltro confermato anche dalla relazione della Polizia Municipale.

Evidenzia, inoltre, che l’area luogo del sinistro già da anni presentava carenze di manutenzione, le quali, per la loro consistenza, non possono ritenersi frutto di un breve lasso di tempo idoneo ad escludere la responsabilità dei proprietari.

I Supremi Giudici (Cass. Civ., Ordinanza n. 20341 del 28 settembre 2020) confermano la decisione della Corte d’Appello, poiché l’attraversamento dell’area da parte della donna è avvenuto nella consapevolezza della pericolosità dell’area stessa.

Del resto, evidenziano gli Ermellini, la stessa danneggiata ha confermato di attraversare abitualmente la strada privata ove è avvenuta la caduta e di conoscere bene l’area.

Ne deriva, pertanto, che la donna avrebbe dovuto percorrere quell’area con ancora maggiore circospezione, cosa che, invece, non ha fatto.

Ed è proprio per tale ragione che viene confermato il diniego al ristoro di qualsivoglia danno.

Corretto e condivisibile il principio applicato dalla Suprema Corte secondo cui “in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso”, soprattutto tenendo conto del dovere generale di ragionevole cautela.

In buona sostanza, e in altri termini, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento danno.

Avv. Emanuela Foligno

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