La vicenda in esame arriva dalla Lombardia dove, nel novembre 2012, nel campo sportivo di Brembate (BG), durante un campionato di calcio dilettantistico per ragazzi (categoria Allievi 14-16 anni), organizzato dal Comitato Provinciale di Bergamo, uno dei giocatori interveniva volontariamente con la gamba tesa e il piede a martello sul ginocchio della vittima che aveva fermato il pallone a terra con il piede, procurandogli lesioni personali.
Il Tribunale per i minorenni di Brescia affermava la penale responsabilità del giocatore per lesioni personali colpose, ma disponeva non doversi procedere per irrilevanza del fatto ex art. 27 D.P.R. n. 448/88.
I genitori della vittima citavano a giudizio i genitori del giocatore responsabile dell’evento durante il campionato di calcio dilettantistico per ottenere il ristoro delle lesioni subite. Il Tribunale di Bergamo accoglie la domanda svolta nei confronti dei genitori del responsabile ed escludono quella delle società sportive convenute. La Corte di Appello di Brescia conferma integralmente il primo grado e la Corte di Cassazione respinge per inammissibilità (Corte di Cassazione, III civile, 22 luglio 2024, n. 20171).
Il giudizio di Cassazione
I ricorrenti censurano la ritenuta responsabilità in capo ai genitori, nonché erronea ed apodittica motivazione in merito all’esclusione della prova liberatoria di aver fornito al figlio un’educazione adeguata. Sostengono che nessuna “prova di educazione” del proprio figlio poteva essere richiesta in quanto l’azione sportiva si era svolta all’interno dei canoni della normale attività agonistica e comunque entro i limiti consentiti dal tipo di gioco. Si dolgono della mancata applicazione della scriminante in riferimento al c.d. rischio consentito, nonché della mancata disamina delle risultanze istruttorie alla luce della scriminante invocata.
Gli Ermellini esprimono giudizio di inammissibilità per tutte le censure. Il Giudice di merito, dopo avere rilevato che la dinamica del fallo (intervento a gamba tesa alta, direttamente sul ginocchio e dopo una scivolata di alcuni metri) non era stata contestata, ha comunque ritenuto che la ricostruzione dell’episodio avesse trovato conferma nelle deposizioni testimoniali.
I genitori del responsabile non colgono la ratio della sentenza laddove, in punto di fatto, i ricorrenti avrebbero dovuto allegare specifiche circostanze sulla adeguata educazione impartita al figlio.
I criteri, in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori, consistono:
- nel potere-dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi
- e soprattutto, nell’obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l’educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari.
La prova liberatoria
Conseguentemente, i genitori, al fine di fornire una sufficiente prova liberatoria devono offrire non la prova negativa, legislativamente predeterminata, di non aver potuto impedire il fatto, ma la prova positiva di avere impartito al figlio una buona educazione e di avere esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere ed all’indole del minore.
Per contro, l’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza su di un minore può essere ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito.
In estrema sintesi (Cass. n. 22541/2019 e n. 9556/2009), la prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 c.c. coincide con la dimostrazione, oltre che di aver impartito al minore un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di aver esercitato una vigilanza adeguata all’età e finalizzata a correggere comportamenti non corretti e, quindi, meritevoli di un’ulteriore o diversa opera educativa.
L’obbligo di vigilanza per i genitori del minore non si pone come autonomo rispetto all’obbligo di educazione, ma va correlato a quest’ultimo, nel senso che i genitori devono vigilare che l’educazione impartita sia consona ed idonea al carattere ed alle attitudini del minore e che quest’ultimo ne abbia “tratto profitto”, ponendola in atto, in modo da avviarsi a vivere autonomamente, ma correttamente (n. 9556/2009).
Applicando correttamente tali principi, i Giudici di Appello hanno ritenuto non fornita, e neppure allegata, la prova liberatoria e che le modalità del sinistro erano state tali da poter essere interpretate come indice di un deficit educativo.
Avv. Emanuela Foligno