Il paziente lamenta carenze nella collocazione di impianti dentali che causavano una grave infezione, accompagnata da sanguinamenti e dolore (Tribunale di Sassari, sentenza n. 1247/2020 del 14 dicembre 2020)

Il paziente conviene in giudizio la Dottoressa Odontoiatra chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti a causa dell’errata esecuzione dei trattamenti. Nello specifico il paziente lamenta carenze nella collocazione di impianti dentali che causavano una grave infezione, accompagnata da sanguinamenti e dolore.

Il paziente si sottoponeva all’integrale rifacimento degli impianti presso altri professionisti, sostenendo nuovamente la relativa spesa e ricorrendo a lunghi e costosi trattamenti terapeutici.

La causa viene istruita con CTU Medico-legale, al cui esito la domanda viene ritenuta fondata.

La CTU ha accertato che “Nel 2009 il paziente si era rivolto alla dott.ssa per la rimozione di un precedente ponte ed il successivo posizionamento di tre nuovi elementi dentali sull’ emimascellare sinistro, attività che era stata eseguita tra il 2011 e il 2013. Sin dalle prime sedute presso lo studio odontoiatrico il paziente lamenta sanguinamento e dolori alle gengive.

“Il trattamento si svolgeva attraverso varie sedute col posizionamento di tre viti implantari di cui una era stata persa per ben due volte”.

Il CTU evidenzia le carenze di tale trattamento: “in mani esperte avrebbe dovuto dare dei risultati più duraturi nel tempo e scevri da complicanze, che invece si sono verificate e sono attestate ad una distanza di tempo dalla consegna definitiva dei manufatti (anno 2012) troppo ravvicinata (anno 2015), rispetto ai comuni parametri di durata che vengono attribuiti a tali manufatti (circa 10 anni)”. Sono state inoltre riscontrate le risultanze negative rappresentate non solo dai fenomeni di algia e sanguinamento lamentati dall’attore, ma anche da quello della visibile “perdita di superficie ossea di sostegno a carico delle 2 viti implantari deputate al supporto della travata protesica installata nella zona dentaria 2.4/2.7, e anche dal ripetuto insuccesso nel posizionamento della 3° vite di sostegno (con il suo successivo abbandono) in zona alveolare 2.6, senza alcuna funzione e collegamento al manufatto protesico posto in esercizio (sostegno che al contrario sarebbe risultato molto utile per la corretta distribuzione delle forze masticatorie di carico)”. Condizione che ha trovato puntuale conferma documentale nei referti versati in atti ed esaminati, relativi agli anni 2015 e 2016, attestanti la perdita ossea e la scopertura di “numerose spire delle viti implantari “, con “palese aumento del braccio di leva a scapito della stabilità del ponte protesico”.

Il Tribunale condivide integralmente l’elaborato peritale e dichiara la dottoressa convenuta responsabile del danno cagionato al paziente a titolo di responsabilità contrattuale.

Conseguentemente, deve rispondere del risarcimento del danno derivante dalla sua condotta non adeguatamente diligente.

Inoltre, la stessa, non ha assolto all’onere probatorio a suo carico di dimostrare come la carente esecuzione della prestazione professionale sia derivata da causa a lei non imputabile.

Tuttavia, il CTU ha rilevato che “il paziente non presenta attualmente, stante il successo degli interventi cui egli si è sottoposto negli anni successivi presso diverso Odontoiatra, nessuno stato disfunzionale né di ordine estetico nè di compromissione dell’attività masticatoria, che risulta perfettamente ripristinata”.

Tale positiva condizione, esclude la presenza di un danno biologico permanente, non emergendo alcuna significativa compromissione dell’integrità fisica cagionata dal trattamento sanitario erroneamente eseguito.

Venendo alla liquidazione del danno, la voce non patrimoniale viene riconosciuta a titolo di inabilità temporanea parziale stimata in 10 giorni al 75%, in ulteriori 10 giorni al 50% e in ulteriori 10 giorni al 25%, il tutto nella complessiva somma di euro 1.470,00.

Il danno patrimoniale è documentato per complessivi euro 16.000,00, di cui euro 8.000,00 per i nuovi impianti ed il resto per quanto pagato alla dottoressa convenuta.

Il Tribunale non riconosce ulteriori importi per ulteriori futuri trattamenti in quanto il CTU, nel rispondere anche alle osservazioni critiche formulate al riguardo da parte attrice, ha chiarito che “la situazione di compiuto e corretto ripristino conseguita è attualmente ottimale e corrisponde a quella che egli avrebbe ottenuto ove il trattamento medico fosse stato correttamente praticato sin dall’origine, sicché l’errore sanitario per cui è causa non comporta la necessità di costi per cure future”.

In conclusione, il Tribunale condanna la Odontoiatra al pagamento in favore del danneggiato della complessiva somma di euro 17.470,00, oltre al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi euro 4.550,00 e alle spese di CTU liquidate in complessivi euro 1.776,00.

Avv. Emanuela Foligno

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