Respinto il ricorso di un pedone che chiedeva il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di una caduta dovuta a una sconnessione del manto stradale

Aveva citato in giudizio il Comune per sentirlo condannare, previa declaratoria di responsabilità, al risarcimento dei danni subiti a seguito della caduta verificatasi a causa della “sconnessione del manto stradale pavimentato con basoli”. A fondamento della domanda deduceva che l’evento era stato determinato dalla non immediata visibilità della sconnessione, per la scarsa illuminazione della strada nelle ore serali.

Il Tribunale accoglieva la domanda condannando l’Amministrazione al risarcimento dei danni ma la decisione veniva ribaltata in secondo grado di giudizio. La Corte territoriale accoglieva infatti il gravame proposto dall’appellante secondo cui il giudice “avrebbe fondato la sua decisione sulla deposizione dei testi che si sarebbero limitati a riferire che l’evento si era verificato, senza fornire elementi utili riguardo alla prova del nesso causale”.

Nel rivolgersi alla Cassazione, il pedone danneggiato eccepiva che la controparte non avrebbe dimostrato e neppure allegato la sussistenza del caso fortuito, limitandosi a dedurre un comportamento negligente della danneggiata o di terzi ignoti, senza provare le relative circostanze di fatto. Più specificamente la Corte territoriale, pur dando atto della esistenza della sconnessione del manto stradale, avrebbe violato l’articolo 2051 c.c. rigettando la domanda nonostante il difetto della prova dell’esistenza del caso fortuito; al contrario – a detta del ricorrente – era stata dimostrata la situazione di pericolo costituita dal dissesto del manto stradale, caratterizzata dall’elemento oggettivo della non visibilità e da quello soggettivo dell’imprevedibilità, come riferito anche dai testi escussi.

Inoltre, la Corte avrebbe sostenuto l’interruzione del nesso eziologico a causa del comportamento negligente della danneggiata, senza però specificare in cosa si sarebbe sostanziato tale presunto comportamento, peraltro, neppure dedotto dalla controparte.

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2184/2021, ha ritenuto le censure inammissibili.

La Corte d’appello, nel valutare il contenuto della prova testimoniale, aveva infatti precisato che quella prova non consentiva, in alcun modo, di evincere di quale entità fosse stata la sconnessione della strada, indicata come causa della rovinosa caduta. La Corte territoriale aveva, sostanzialmente, ritenuto generica la prova testimoniale, nella parte relativa alle caratteristiche specifiche del manufatto (basoli stradali) e alla idoneità causale dello stesso. Tale valutazione del materiale probatorio teneva anche conto delle caratteristiche della pavimentazione stradale, così come emergevano dalle fotografie in atti.

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