Chirurgia estetica e criteri di liquidazione del danno (Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2022, n. 22136).
Chirurgia estetica e criteri di liquidazione del danno: tra criteri normativi e tabelle milanesi non si può parlare di “successione di leggi nel tempo”.
La vicenda esaminata dalla Cassazione riguarda un asserito caso di responsabilità medica invocato dalla paziente che si sottoponeva a due interventi di chirurgia estetica.
I Giudici d’Appello, allineati alla decisione di primo grado, confermano la responsabilità del Chirurgo e delle due Strutture convenute per gli interventi di chirurgia estetica eseguiti, per violazione del dovere di informazione del paziente e per i danni causati dall’errata e imperita esecuzione degli stessi.
Confermano, altresì’, la liquidazione dei danni svolta in primo grado in applicazione delle tabelle milanese e il riconoscimento di una personalizzazione del danno biologico nella misura del 40%.
Infine, in punto di manleva, il Giudice d’appello condanna il Chirurgo a manlevare e rimborsare alle due Strutture convenute il 50% delle somme che le stesse erano state condannate a versare a favore della danneggiata.
La suddetta decisione d’Appello viene impugnata sia dalla paziente, in punto di omessa pronuncia sulle spese di lite, che dalle due Strutture in punto di criteri di liquidazione e personalizzazione del danno per la errata esecuzione della chirurgia estetica.
La Suprema Corte, ritiene fondata la doglianza della paziente inerente la omessa pronuncia delle spese di lite, sia le censure mosse dalle Strutture sanitarie.
Quanto ai criteri di liquidazione del danno biologico, i giudici di secondo grado hanno erroneamente applicato le Tabelle di Milano.
Gli Ermellini rammentano che la norma che prevede il criterio equitativo di liquidazione del danno non patrimoniale fondato sulle tabelle elaborate in base agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private deve trovare applicazione anche nelle controversie relative ad illeciti commessi e a danni prodotti anteriormente alla sua entrata in vigore, nonché ai giudizi pendenti a tale data (con il solo limite del giudicato interno sul quantum),«in quanto non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile la disposizione non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisita al patrimonio del soggetto leso ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l’ambito di discrezionalità e indicando i criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno».
La Corte d’Appello non ha motivano l’applicazione della personalizzazione ritenendo «del tutto condivisibile l’operato del giudice di prime cure, avendo costui valutato il danno facendo giusto riferimento alla CTU e per avere il giudice […] esattamente indicato le somme dovute in ragione della corretta applicazione delle citate tabelle milanesi».
Tale motivazione viene ritenuta dalla Suprema Corte come solo «graficamente esistente, formulata in termini invero del tutto apodittici e stereotipati che non consentono di cogliere l’iter logico-giuridico seguito per pervenire alla criticata soluzione».
Dunque, sul punto non risulta raggiunto il necessario minimo costituzionale e la motivazione viene definita come «meramente apparente e pertanto inesistente» (sul punto, si vedano, tra le altre, Cass. civ., sez. unite, n. 8053/2014, Cass. civ., n. 10813/2019, n. 17426/2022).
La sentenza viene cassata e rinviata alla Corte d’appello in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno
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