La chirurgia estetica, almeno in linea teorica, dovrebbe portare dei giovamenti al paziente. Non è sempre così. Come nel caso di una donna milanese che nel 2014 si è sottoposta ad un intervento Rinosettoplastica Secondaria, operazione che doveva portare miglioramenti per l’utente sia estetici che respiratori. Dopo l’intervento, la donna, però, subisce una serie di complicazioni sia di carattere estetico che respiratorio. La Tac post-intervento ha evidenziato il peggioramento delle condizioni fisiche, certificando una “vistosa alterazione del profilo della piramide nasale”. Non solo. Si è poi scoperto che il consenso informato non era abbastanza dettagliato. Non vi erano inclusi, infatti, le previsioni di rischi e benefici attinenti all’intervento.
Se confrontiamo i dati riguardanti il 2013, notiamo che questo caso fa parte del mare magnum di interventi di chirurgia plastica non andati a buon fine. Usando un gergo non propriamente medico, ma cinematografico, verrebbe da dire che “non sempre è buona la prima”. Dando un rapido sguardo ad una ricerca svolta nel 2013, si registrano ben 37.884 pazienti entrati in sala operatoria. Secondo questo studio, gli interventi estetici per rimediare quello precedente equivalgono al 16 % del totale. Nel 31% dei casi, i pazienti ritornano ad operarsi dallo stesso dottore mentre la maggioranza preferisce rivolgersi ad un altro professionista.
Come spiega il chirurgo Mario Pelle Ceravolo, presidente dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica, «uno dei motivi più frequenti dell’insoddisfazione dei pazienti è proprio la mancanza di informazione da parte del medico». «Spesso la delusione è la conseguenza più di un fraintendimento tra le parti – continua il presidente dell’AICPE – che di incapacità tecnica o di errori chirurgici. Non sempre è facile capire e farsi capire quando si parla di chirurgia estetica».
Una volta che il primo intervento non è andato a buon fine, non bisogna pensare che il secondo intervento debba andare necessariamente bene. Un secondo intervento è sempre più difficile del primo. «È come un sarto che deve confezionare di nuovo un vestito tagliato male in precedenza Se errore c’è stato dev’essere riconosciuto e il paziente risarcito delle spese affrontate e dei danni subiti. Tra tutte le parti deve però instaurarsi un rapporto onesto che gioverà ai due chirurghi operatori e ancora di più al paziente che potrà essere assistito dal nuovo professionista nella maniera migliore», conclude Pelle Ceravolo.