Respinto il ricorso del conducente di autocarro ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo commesso in danno di un ciclista  rimasto coinvolto in un sinistro stradale

Con la sentenza n. 33418/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un automobilista condannato sia in primo grado che in appello alla pena di 8 mesi di reclusione per il reato di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, l’imputato, a bordo del suo autocarro, “serbando una condotta di guida imprudente e negligente, violando in particolare gli artt. 140 e 141 cod. strada”, tamponava violentemente un velocipede che lo precedeva percorrendo la strada nella sua stessa direzione di marcia. In seguito all’urto il ciclista decedeva sul posto a causa del grave politraumismo, con emorragia cranica, determinato dall’impatto contro il cofano ed il parabrezza del veicolo.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento ai capi e ai punti della sentenza in cui si era pervenuti all’affermazione della sua responsabilità per il delitto contestato.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto infondata la doglianza proposta. Per la Cassazione, la Corte territoriale, prendendo in esame tutte le deduzioni difensive, era pervenuta alle sue conclusioni percorrendo un itinerario logico in nessun modo censurabile sotto il profilo della razionalità e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità.

Nelle valutazioni espresse nella motivazione della sentenza di secondo grado, in particolare, si escludeva il comportamento abnorme ed imprevedibile del ciclista.

I rilievi, infatti, avevano individuato le tracce del sinistro tutte all’interno della corsie di pertinenza dei due veicoli e, in particolare, il punto d’urto tra furgone e bicicletta era stato localizzato, sulla base della fine delle tracce di frenata dell’auto e dell’inizio delle tracce di scarrocciamento della bicicletta, ad una distanza di 70 cm. dal margine destro della carreggiata, nel senso di marcia dei veicoli.

Ora, pur essendo possibile che la bicicletta avesse avuto un andamento non perfettamente rettilineo, in ogni caso non si era trattato di uno scostamento rilevante ed improvviso. Innanzitutto, il furgone aveva lasciato una traccia di frenata lunga m. 17, e dunque l’imputato si era ben avveduto della presenza del ciclista. Inoltre, la collisione aveva interessato esclusivamente la ruota posteriore della bicicletta, che era stata schiacciata in avanti, mentre non aveva interessato i pedali e il manubrio, segno evidente che il ciclista aveva mantenuto la direzione di marcia, e non aveva intrapreso una improvvisa svolta a destra. Infine, l’urto era avvenuto a settanta cm. dal margine destro, e quindi la bicicletta non era nemmeno al centro della corsia larga circa tre metri.

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