La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema centrale nei rapporti tra medici liberi professionisti e strutture sanitarie: l’efficacia dei contratti subordinata alla stipula di polizze assicurative con specifiche clausole. Nel caso affrontato, l’interpretazione della clausola assicurativa e la condotta delle parti durante l’esecuzione del contratto hanno portato alla cassazione della sentenza d’appello e al rinvio per un nuovo esame (Corte di Cassazione, II civile, ordinanza 26 maggio 2025, n. 14038).
L’incarico del medico e la clausola assicurativa
Il medico cita in giudizio la Casa di Cura S. Rita, esponendo di aver sottoscritto un contratto di prestazione libero professionale con cui gli era stato conferito l’incarico di responsabile del Reparto di ortopedia, con un compenso fisso di 5000 euro e uno variabile del 10% del fatturato netto annuo relativo del reparto.
La Casa di Cura aveva corrisposto il compenso variabile ma non quello fisso, per un importo di 65.000 euro per il periodo 1.5.2015/31.5.2016, di cui l’attore ha chiesto il pagamento.
La Casa di Cura, a sua giustificazione, deduce che l’efficacia del contratto era subordinata al rilascio di una polizza con clausola assicurativa per la responsabilità civile che contemplasse la rinuncia dell’assicuratore al diritto di rivalsa verso la struttura che l’attore non aveva stipulato fino al gennaio 2016, allorquando aveva consegnato una polizza che non contemplava l’esclusione della rivalsa, per cui la Casa di Cura aveva comunicato la risoluzione dal contratto.
II Tribunale ha accolto la domanda del Medico, reputando che la mancata stipula della polizza costituisse un inadempimento di scarsa importanza. Invece, la Corte di Napoli ha respinto la domanda di pagamento, osservando che la stipula dell’assicurazione era oggetto di una condizione sospensiva di efficacia che non si era verificata e che il contratto non aveva prodotto alcun effetto.
Il sanitario si rivolge alla Corte di Cassazione e la Casa di Cura propone ricorso incidentale.
Il ricorso in Cassazione
Innanzitutto, la Casa di Cura non ha chiesto la decisione e quindi c’è la rinuncia al ricorso incidentale viene ritenuto rinunciato.
Il medico deduce che la sentenza non avrebbe rilevato che il contratto aveva avuto integrale esecuzione per oltre 20 mesi e che la condizione sospensiva doveva considerarsi rinunciata. Deduce anche l’erronea interpretazione dell’art. 5 del contratto di assicurazione contenente una condizione risolutiva, non sospensiva, alla luce del comportamento successivo alla stipula, consistito nello spontaneo adempimento delle prestazioni e alla stregua del canone di buona fede e dell’interpretazione conservativa.
Questa ultima lagnanza è infondata, alla luce della valorizzazione del dato letterale operato dai Giudici di secondo grado. Nell’atto di conferimento di incarico al Medico è previsto che la validità del contratto (e quindi la sua stessa efficacia) dipendeva dal rilascio della polizza con le condizioni ivi fissate, il che rendeva implausibile e contro-letterale, e perciò viziata, una diversa interpretazione volta a far cessare gli effetti della mancata consegna della polizza e ad ipotizzare l’apposizione di una condizione risolutiva.
L’art. 1362 c.c., anche se prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, non svaluta l’elemento testuale del contratto ma, al contrario, intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è più consentita (in tal senso si veda Cass. 21576/2019; Cass. 4189/2019).
L’interpretazione della clausola assicurativa
L’interpretazione della clausola è coerente con il rilevante interesse della Casa di Cura ad andare esente da obblighi di rivalsa nel caso di non corretta esecuzione degli interventi, il che imponeva che la polizza fosse stipulata prima dell’esecuzione del rapporto professionale.
Nel significato letterale dell’accorso sottoscritto inter partes non vi è alcuna incongruenza, né il dato testuale è incoerente con altre clausole o con la reale volontà delle parti, restando insufficiente il solo comportamento successivo e non potendo soccorrere i criteri ulteriori di carattere sussidiario.
La prima censura del Medico, invece, è fondata. Vi sono plurimi fatti decisivi per il giudizio (art. 360, n. 5 c.p.c.), del tutto omessi nella sentenza impugnata.
I Giudici di appello hanno affermato che nulla era dovuto al Medico, poiché, non essendosi verificata la condizione sospensiva apposta al contratto, il contratto intercorso con la Casa di Cura non era mai divenuto efficace.
È illogico che la Casa di Cura argomentando di “risoluzione contrattuale” poi ne reclami l’inefficacia
L’errore consiste nel non aver considerato che, non solo che le prestazioni professionali erano state svolte senza che la Casa di Cura avesse eccepito alcunché per oltre un anno, ma che, una volta constatata la mancata stipula di una polizza RC che contemplasse la rinuncia alla rivalsa, la Struttura non aveva affatto mostrato di considerare fino ad allora inefficace il contratto per sottrarsi al pagamento, ma aveva manifestato la volontà di ottenerne – al contrario – la risoluzione (il che ne presupponeva la temporanea efficacia).
In più sollecitando il professionista a rendicontare le prestazioni per procedere al pagamento di quanto dovuto a saldo (avendo corrisposto la quota fissa), condotta di cui la Corte di appello avrebbe dovuto tener conto quale espressione della volontà di non avvalersi della clausola sospensiva, e di voler definire il rapporto fini lì eseguito rispetto alle pretese economiche maturate, oggetto della domanda del ricorrente.
È illogico, in altri termini, che la Casa di Cura argomentando di “risoluzione contrattuale” e dunque sottintendendo che il contratto tra essa ed il Medico era del tutto valido, poi ne reclami la inefficacia.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno