Il caso di un uomo colpito dalla porta di un bar mentre camminava sul marciapiede. Responsabili Comune e gestori del locale ma corresponsabile per disattenzione anche il danneggiato

La disciplina dell’illecito aquiliano e la disciplina speciale per custodia di cui all’art. 2051 c.c. possono essere contemporaneamente configurabili per il medesimo evento, spetta al Giudice dare l’esatta qualificazione alla domanda tenuto conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio, indipendentemente dall’esattezza delle indicazioni della parte o dalla mancanza di indicazioni, con il solo limite imposto dalla immutazione dei fatti costitutivi della pretesa allegati dalla parte. Lo ha chiarito Il Tribunale di Teramo (sentenza n. 549/2020) pronunciandosi sul caso di uomo colpito dalla porta di un bar mentre camminava sul marciapiede.

Il malcapitato pativa seri danni fisici e agiva in giudizio per vedere condannati il Comune di Teramo e i proprietari del locale chiedendo la condanna al ristoro dei danni quantificati in € 535 mila. Nello specifico l’uomo evidenziava che l’evento gli aveva cagionato un trauma cranico con ematoma subdurale cronico che veniva trattato chirurgicamente e gli causava postumi permanenti al 60%, oltre alle ferite al volto.

In punto di an debeatur l’uomo riteneva addebitabile l’evento sia al Comune di Teramo che ai proprietari del bar ristorante, in quanto le modalità di apertura della porta verso l’esterno, con invasione del suolo pubblico, erano contrarie ai principi di sicurezza pubblica e difformi dai progetti esecutivi presentati al Comune di Teramo dalla proprietaria e dall’affittuaria, e ad ogni modo, il Comune non avrebbe dovuto concedere l’autorizzazione all’apertura del dehors per contrasto con la normativa edilizia ed urbanistica e avrebbe dovuto in ogni caso controllare la regolarità dell’occupazione del suolo pubblico, ordinando la chiusura dell’esercizio alla scadenza dell’autorizzazione.  

Si costituiva in giudizio il Comune di Teramo eccependo l’inesistenza di omissione vigilanza, atteso che si era limitato ad autorizzare la realizzazione del dehors e che non era tenuto al controllo di conformità dell’opera realizzata al progetto, non essendo la stessa soggetta a permesso a costruire;  l’irrilevanza  della condotta commissiva sul piano causale, in ragione del sopravvenuto intervento del fattore umano (l’apertura della porta da parte della cliente del bar), fattore causale esclusivo di determinazione dell’evento;  il concorso colposo dello stesso danneggiato idoneo ad interrompere il nesso causale o comunque rilevante ex art. 1227 comma 1 c.c.

Si costituivano in giudizio anche il proprietario e il gestore del bar ristorante invocando il rigetto della domanda attorea, in ragione dell’addebitabilità dell’evento all’esecutore concreto dell’apertura della porta , ovvero alla condotta concorrente del danneggiato.

Il Tribunale di Teramo ritiene la domanda dell’uomo parzialmente fondata.

Preliminarmente rileva che il danneggiato e il Comune di Teramo nelle more del giudizio hanno raggiunto un accordo transattivo con riconoscimento in capo all’attore dell’importo di € 150 mila.

Nel valutare la responsabilità dei restanti due convenuti (proprietario e gestore/affittuario) il Tribunale evidenzia che l’eventuale corresponsabilità di più soggetti, anche con condotte autonome e distinte, dovrà ritenersi solidale, in considerazione dell’unicità del fatto dannoso , a nulla rilevando l’assenza di un collegamento psicologico tra le stesse, ovvero le diverse conseguenze dannose derivanti da quell’evento unitario, le quali potranno assumere rilievo ai fini dell’eventuale azione di regresso tra i danneggianti.

La vicenda, afferma il Tribunale, è idonea, da un punto di vista esclusivamente astratto, a ricadere nell’applicazione tanto dell’art. 2043 c.c. quanto della disciplina speciale di cui all’art. 2051 c.c.

Tale differenza, viene evidenziato, comporta rilevanti conseguente procedurali,  in quanto la ricorrenza dell’una o dell’altra fattispecie normativa implica, sul piano eziologico e probatorio, diversi accertamenti e coinvolge distinti temi di indagine, trattandosi di accertare, nel caso della generale categoria dell’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. , se sia stato attuato un comportamento colposo commissivo od omissivo, dal quale sia derivato un pregiudizio ingiusto a terzi, e dovendosi prescindere, invece, nel caso della responsabilità per danni da cosa in custodia, dal profilo del comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all’art. 2051 c.c., ove il fondamento della responsabilità è rinvenibile tout court nella relazione tra la cosa e colui che esercita l’effettivo potere su di essa, sul quale grava il rischio dei danni prodotti dalla cosa stessa che non dipendano da caso fortuito.

Tanto premesso il Tribunale ricorda che spetta al Giudice, “in ossequio al principio iura novit curia, dare l’esatta qualificazione alla domanda – tenuto conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio, indipendentemente dall’esattezza delle indicazioni della parte o dalla mancanza di indicazioni, con il solo limite imposto dalla immutazione dei fatti costitutivi della pretesa allegati dalla parte”,  e inquadra la vicenda in esame nell’alveo della generale disciplina del fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c., poichè l’attore ha imputato ai convenuti specifici elementi di colpa  e mancando invece uno specifico riferimento alla sussistenza di una relazione di custodia.

Qualificata dunque la domanda come responsabilità da fatto illecito il Tribunale valuta se risulta assolto l’onere probatorio dell’illecito aquiliano (evento dannoso, nesso di causalità  e danno conseguenza e colpa).

Il danno evento viene ritenuto idoneamente dimostrato in quanto l’evento lesivo subito dall’uomo, colpito dalla porta di un bar, è certamente qualificabile come ingiusto in quanto incidente sul diritto alla salute.

Il nesso di causalità viene ritenuto sussistente in relazione alle condotte di entrambi i convenuti (proprietario/gestore-affittuario) in quanto sul piano materiale  eliminando la condotta tenuta dalle stesse in persona dei rispettivi legali rappresentanti – consistita nel realizzare e/o gestire il dehors, in difformità dai progetti presentati in sede di richiesta di autorizzazione e poi nel continuare a gestirlo in assenza di autorizzazione amministrativa – l’evento non si sarebbe verificato.

Conseguentemente viene ritenuto che la relazione-nesso assume rilevanza giuridica, non potendo di certo considerarsi inverosimile o imprevedibile in astratto, secondo il giudizio prognostico ex ante, la verificazione dell’evento.

Per tale ragione il Tribunale non ritiene che la condotta della cliente del bar che concretamente ha aperto la porta costituisca causa autonoma dell’evento, idonea a spezzare il nesso di causalità.

Allo stesso modo, non viene considerata interruttiva del nesso di causalità la condotta concorrente del Comune, non ponendosi l’omesso controllo sul piano della atipicità ed eccezionalità e non assurgendo lo stesso a causa autonoma idonea a rendere irrilevanti i precedenti causali.

Tuttavia, nonostante l’accertamento della responsabilità in capo a tutti i convenuti il Tribunale ritiene sussistente un concorso di colpa del danneggiato idoneo a determinare una riduzione del danno risarcibile in proporzione al grado di incidenza causale e di colpa rinvenibili nella sua condotta.

Al riguardo, viene ritenuto che l’attore, procedeva sul marciapiede con disattenzione e non prestava la dovuta cautela esigibile dall’utente medio, soprattutto in prossimità di un esercizio commerciale aperto al pubblico e della relativa porta d’ingresso (considerato che, a prescindere dalla tipologia di porta, da essa trovano ingresso e uscita gli avventori del locale), tenuto altresì conto della struttura del locale in questione, realizzato in metallo e vetro e, dunque, con visibilità anche verso l’interno.

Può dunque ritenersi, afferma il Tribunale, “che tale condotta, vagliata la sua incidenza concreta sulla realizzazione del sinistro ed il grado di imprudenza imputabile all’attore, se non costituisca un evento eccezionale ed imprevedibile tale da spezzare il nesso causale tra evento di danno e condotte preesistenti dei convenuti, sia nondimeno idonea a dar luogo ad un concorso causale nella misura del 20%, con conseguente riduzione della pretesa risarcitoria in proporzione a tale percentuale, ex art. 1227, comma 1”.

Accertata in tali termini la responsabilità, il Tribunale prende atto della sussistenza di lesioni  dell’uomo e richiama la CTU espletata che riconosce la sussistenza di lesioni, causalmente riconducibili all’evento, con un periodo di ITT di gg. 30, di ITP al 50% per 50 gg., con un danno biologico permanente stimato nella misura del 50% in soggetto avente 74 anni d’età al momento della cessazione dell’invalidità temporanea.

Con riguardo alla determinazione della percentuale di invalidità permanente, il Tribunale tiene in considerazione anche l’incidenza delle concause successive all’evento evidenziate dalla CTU quali indipendenti dal trauma causato dal sinistro ed imputa ai convenuti solo i danni che sono conseguenza immediata e diretta dell’evento.

A tal fine, specifica, giustamente, che non può effettuarsi un’indebita sommatoria delle due invalidità (25% + 1/3 del 50%), e che occorrerà individuare, in quel 50%, la quota parte dei danni imputabili al fatto illecito (pari, secondo un calcolo meramente matematico, all’intero 25% e ad un terzo del restante 25% e cioè ad un totale del 33%).

E che, tuttavia, il meccanismo risarcitorio non potrà avvenire seguendo tale “freddo” calcolo matematico e cioè semplicemente sottraendo al grado di invalidità permanente effettivo patito della vittima (50%), quello imputabile alle sopravvenute condizioni patologiche del danneggiato (17%), perché in tal modo non si farebbe altro che far rientrare dalla finestra ciò che si è voluto tener fuori dalla porta, ovvero il ricordato indebito frazionamento del nesso causale e non si riconoscerebbe a pieno il risarcimento dovuto.

Il danno, dunque, viene così quantificato:

– ITT gg. 30 x E 98,00 = E 2.940,00

– ITP gg. 50 x E 98,00: 50% = E 2.450,00 per un totale di E 5.390,00

– danno da invalidità permanente: 50% (E 301.513,00) – 17% (E 47.769,00) = E 253.744 per un totale di E 259.134,00

Dall’ammontare complessivo  il Tribunale ha sottratto un ammontare pari alla quota di responsabilità attribuita al danneggiante ex art. 1227, comma 1, pari al 20%, per un importo così ottenuto pari a € 208.009,44 4.

Chiarito l’ammontare complessivo della pretesa creditoria spettante in capo all’attore, dovrà infine esser detratto dalla stessa quanto già riconosciuto all’attore dal Comune in forza della richiamata transazione giudiziale.

Avv. Emanuela Foligno

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