L’avvocato che agisce per il soddisfacimento di un determinato credito riferito al compenso per specifiche prestazioni professionali ha l’onere di provare il titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, la cui prova incombe sul cliente
Con due distinti procedimenti un avvocato aveva citato in giudizio davanti al Tribunale di Chieti un proprio cliente, per sentirlo condannare al pagamento di quanto dovuto a titolo di compenso per l’assistenza prestata in favore di quest’ultimo in due giudizi pendenti dinanzi il medesimo Tribunale.
In ambedue i procedimenti si costituiva il convenuto resistendo alla domanda e formulando domanda riconvenzionale per il risarcimento del danno subito a causa della responsabilità professionale dell’attore.
Il Tribunale di Chieti dopo aver riunito i due giudizio aveva concluso rigettando sia la domanda principale che quella riconvenzionale.
La Corte di Appello de L’Aquila confermava la decisione; quindi seguiva il ricorso per cassazione e l’affermazione del seguente principio di diritto: “quando un avvocato agisce per il soddisfacimento di un determinato credito riferito al compenso per specifiche prestazioni professionali ed il cliente eccepisca di avere corrisposto nel tempo una somma maggiore a quella richiesta, riferendola indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l’onere del debitore di dimostrare l’efficacia estintiva del versamento permane e non può ritenersi assolto in base al fatto che il professionista non abbia contestato la ricezione della somma, ma si sia limitato a dedurre l’incongruenza tra il credito oggetto della domanda e l’importo oggetto dell’eccezione. Infatti, laddove la corrispondenza tra gli importi del credito e del pagamento non emerga direttamente dagli atti, ovvero da altre circostanze idonee, anche presuntivamente, a circoscrivere ed individuare l’effettiva efficacia estintiva del pagamento eccepito dal debitore, costui non può limitarsi a sostenerne genericamente la natura omnicomprensiva” (Cass. Sez.2, Ordinanza n. 28779 del 09/11/2018).
Più in generale si è detto che “Il creditore che agisce per il pagamento ha l’onere di provare il titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca. L’onere della prova torna a gravare sul creditore il quale, di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva, ossia puntualmente eseguito con riferimento a un determinato credito (nel caso di specie il compenso professionale), controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso da quello indicato dal debitore” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19527 del 09/11/2012; Cass. Sez.3, Sentenza n. 6463 del 14/03/2017).
Il giudizio di legittimità
Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva ritenuto che, a fronte dell’indicazione, da parte del cliente, che il credito preteso dall’avvocato fosse stato estinto mediante il versamento di altra somma, era onere di quest’ultimo dimostrare che detto pagamento si riferisse ad altra causa.
Tale conclusione non è risultata conforme all’indicato principio di diritto posto dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il debitore, per dimostrare l’adempimento, non deve limitarsi alla semplice allegazione dell’avvenuto pagamento, ma deve altresì fornire la prova che il pagamento sia stato “… puntualmente eseguito con riferimento a un determinato credito…”, poiché solo in tal caso si può configurare l’efficacia estintiva del pagamento stesso (e l’onere della prova torna a gravare sul creditore). Ai sensi dell’art. 1193 c.c., infatti, “1. Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare. 2. In mancanza d.i tale dichiarazione, il pagamento deve essere imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l’imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti”.
La decisione
È quindi onere del debitore dimostrare di aver dichiarato, contestualmente all’esecuzione del pagamento, la sua intenzione di adempiere un determinato credito; in difetto di tale prova, soccorrono i criteri previsti dal comma 2 della norma dianzi richiamata.
Per queste ragioni la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di Appello de L’Aquila, in diversa composizione, per un nuovo esame (Corte di Cassazione, ordinanza n. 2276/2020).
La redazione giuridica
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