Ai fini della liquidazione degli onorari professionali di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione

La vicenda

Con decreto ingiuntivo il Tribunale di Perugia ingiungeva ai due precedenti clienti di un avvocato il pagamento della somma di Euro 22.634,68 in favore del professionista, a titolo di pagamento degli onorari professionali per l’attività prestata in una causa civile davanti al medesimo Tribunale.

Contro detto provvedimento gli ingiunti proponevano opposizione, contestando il quantum del compenso. In particolare, deducevano che era stato erroneamente individuato il valore della controversia in relazione allo scaglione di valore da 260,000,01 a 520.000,00 in quanto la domanda, avente ad oggetto un’azione di riduzione di disposizione testamentaria assertivamente lesiva della quota di legittima, doveva essere valutata facendo riferimento “alla quota ovvero ai supplementi di quota” in contestazione.

L’individuazione dello scaglione per la liquidazione degli onorari professionali

Pertanto, ritenendo di dover fare applicazione del valore minimo dello scaglione di riferimento, deducevano che il compenso spettante al difensore, detratto l’acconto già versato, sarebbe stato di euro 1.338,42. In via subordinata, deducevano che, anche facendosi riferimento all’intero valore della massa, lo stesso avrebbe dovuto essere determinato ai sensi degli artt. 14 e 15 c.p.c., con la conseguenza che, in ragione dell’importo stimato e della natura della controversia, avrebbero dovuto applicarsi gli importi minimi. Concludevano, in definitiva, per la revoca del provvedimento monitorio.

Con successiva ordinanza il Tribunale di Perugia revocava il decreto ingiuntivo opposto e liquidava al professionista la somma di Euro 629,29, ritenendo di fare riferimento al supplemento di quota in contestazione e applicando lo scaglione fino a Euro 26.000,00.

La Corte di Cassazione (n. 195/2020) ha confermato la pronuncia, affermando che l’art. 12 c.p.c., comma 2, secondo il quale il valore delle cause per divisione si determina in base a quello della massa da dividere e non con riferimento alle singole quote o supplementi di quote, non poteva applicarsi al caso in esame.

Il riferimento normativo

Ed infatti, da un lato il D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 1, (norma speciale ai sensi della quale: (…) Quando nei giudizi di divisione la controversia interessa anche la massa da dividere, si ha riguardo a quest’ultima) – premette che “Nella liquidazione dei compensi a carico del soccombente, il valore della causa “salvo quanto diversamente disposto dal presente comma – sia determinato a norma del codice di procedura civile. (…)”, così espressamente derogando, per quanto riguarda i giudizi di divisione (disposizioni applicabili, analogicamente, per pacifica giurisprudenza, anche alle azioni di riduzione e alla liquidazione degli onorari dovuti dal cliente), al rinvio effettuato nel suo stesso ambito alle norme del codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione dei compensi dell’avvocato.

Dall’altro lato, la Suprema Corte ha già chiarito che, “ai fini della liquidazione degli onorari professionali di avvocato, il valore della causa di divisione non è quello della massa attiva ex art. 12 c.p.c., ma quello della quota in contestazione, poiché il D.M. n. 127 del 2004, art. 6, pur rinviando in generale al codice di procedura civile per la determinazione del valore della causa ai fini della liquidazione degli onorari a carico del soccombente, deroga a tale rinvio in materia di giudizi divisori, per i quali stabilisce che il valore è determinato in relazione “alla quota o ai supplementi di quota in contestazione” (cfr. anche Cass. n. 10939 del 2006).

La decisione

Tale norma, inoltre, in quanto diretta a collegare il valore della causa all’interesse in concreto perseguito dalla parte, è applicabile analogicamente anche per la liquidazione degli onorari dovuti dal cliente in relazione all’azione di riduzione” (Cass. n. 6765 del 2012).

Ebbene, nel caso in esame, il Tribunale di Perugia aveva esattamente rilevato che, essendo l’oggetto del giudizio la pretesa lesione della quota di riserva delle attrici con condanna della convenuta al pagamento dei conguagli, e non riguardando la controversia anche la massa da dividere, doveva farsi riferimento alla misura del conguaglio stimata dal CTU, in corso di causa, in favore delle attrici, che era pari a Euro 7.572,68.

La redazione giuridica

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