Il Tribunale di Napoli ha condannato un ginecologo a risarcire tutti i danni subiti da una madre per l’omessa tempestiva diagnosi della grave malformazione al feto: “i danni prodotti in caso di responsabilità medica possono derivare da errore diagnostico, terapeutico, da omessa vigilanza e tanto altro ancora

L’omessa diagnosi della malformazione al feto

I genitori di un minore avevano citato in giudizio, davanti al Tribunale Civile di Napoli, un ginecologo per sentirne accertare la responsabilità (contrattuale e/o extracontrattuale) in relazione all’evento dannoso prodotto ai danni del proprio figlio nato con una grave malformazione ed ottenere, quindi, il risarcimento di tutti i danni da loro subiti, sia di natura patrimoniale, che non patrimoniali.

Costituitosi in giudizio, il convenuto aveva chiesto il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti in quanto “illegittime, inammissibili, generiche, indeterminate, non provate ed infondate”; ed aveva inoltre presentato domanda riconvenzionale al fine di ottenere la condanna degli attori al risarcimento dei danni all’immagine professionale ed alla difficoltà e/o impossibilità di stipula di polizze assicurative in futuro per la propria attività di medico, tenuto conto della temerarietà della lite promossa.

All’esito dell’istruttoria l’adito Tribunale di Napoli (Sezione XII, sentenza n. 20732/2019) ha accolto la domanda attorea perché fondata del merito.

In punto di diritto, – ha spiegato il giudice partenopeo – “va detto che il tema della responsabilità medica è piuttosto complesso e difficilmente sintetizzabile, a cominciare proprio dalla natura del danno risarcibile, le cui tipologie potenziali possono essere ricondotte a quelle che derivano da errore diagnostico, terapeutico, da omessa vigilanza e tanto altro ancora”. Per semplificare si è detto che “la responsabilità medica è qualificabile come quell’insieme di azioni che determinano un danno alla salute psico-fisica del paziente, e riconducibile alla colpa del singolo medico, alla carenza strumentale della struttura sanitaria o ancora alla mancanza di un valido consenso informato”.

Ebbene, la vicenda in esame, rientrava proprio nell’ipotesi di danno da errore di carattere diagnostico riconducibile alla colpa del singolo medico.

Si è detto anche che “sussiste la responsabilità contrattuale nei casi di preesistenza di un rapporto di tipo obbligatorio, costituito ad esempio per il medico da un contratto di lavoro subordinato oppure da un contratto d’opera intellettuale mentre sussiste responsabilità extracontrattuale quando si esclude il presupposto della contrattualità con il soggetto assistito: l’esempio classico è quello del medico che interviene su un paziente in stato di incoscienza con il quale non ha certo potuto stipulare nell’imminenza dell’intervento alcun tipo di contratto, sorgendo in questi casi l’illecito dalla violazione del principio di carattere generale del “neminem laedere“.

La differenza tra le due responsabilità risiede anche nell’applicazione di regole diverse per gli aspetti dell’onere della prova, della prescrizione dell’azione, ecc. Così, mentre nella responsabilità contrattuale l’onere della prova ricade sul debitore che è tenuto a dimostrare la riconducibilità dell’inadempienza ad una causa a lui non imputabile, nella responsabilità extracontrattuale è il danneggiato che deve provare l’esistenza dell’illecito, della condotta colpevole, dell’evento di danno e del nesso causale.

La giurisprudenza di legittimità

Ad ogni modo, la giurisprudenza della Suprema Corte ha più volte affermato che “in caso di prestazione medico-chirurgica opera sempre di regola, accanto alla responsabilità contrattuale, anche quella extracontrattuale per il rispetto dei valori tutelati della salute e della vita a prescindere da precostituiti obblighi contrattuali”.

In particolare, “se il creditore della prestazione prova il contratto ed il danno (potendo, invece, limitarsi alla mera allegazione dell’inadempimento qualificato, ossia quello astrattamente idoneo alla causazione dell’evento dannoso: cfr. sent. Cass. 9290/12), sussiste il nesso eziologico tra l’inadempimento del debitore e le lamentate lesioni alla stregua del criterio del “più probabile che non”, a meno che la struttura sanitaria convenuta non dia la prova liberatoria certa sull’esattezza della prestazione (eseguita in conformità della miglior scienza ed esperienza dell’epoca) e sull’esistenza del caso fortuito, ossia di un fatto, assolutamente imprevedibile ed inevitabile (e, quindi, totalmente svincolato dalla prestazione medica), che sia in grado di causare integralmente l’evento lesivo (Cassazione n. 6093/13 e n. 17143 del 9.10.2012).

La responsabilità medica “presunta”

Secondo la Suprema Corte “il nesso causale tra condotta del medico e danno (nel caso di specie, la mancata tempestiva diagnosi della malformazione al feto) si presume, quando il sanitario abbia tenuto una condotta astrattamente idonea a causare il danno, anche in assenza di certezze circa l’effettiva eziogenesi dell’evento dannoso, incombendo sul medico l’onere di provare, se vuole andare esente da responsabilità, che il danno è dipeso da un fattore eccezionale e imprevedibile. Con la conseguenza che, per escludere il nesso causale rispetto alla condotta dei medici, ritenuta idonea a causare il danno, non può avere rilievo la mera ipotesi di altri fattori causali autonomi.” (cfr. sent. Cass. cit. n. 9290/12).

Ebbene, esaminando nello specifico il caso in esame, il Tribunale di Napoli ha rilevato che gli attori avevano assolto all’onere di provare, mediante la documentazione depositata in atti, il rapporto contrattuale ed il nesso di causalità con le conseguenze riportate dalla madre del minore a causa della omessa e/o non corretta diagnosi (della malformazione) da parte del convenuto che, invece, da parte sua non aveva fornito alcuna prova liberatoria certa dell’esatto adempimento o della riconducibilità integrale del lamentato danno al caso fortuito.

L’accertamento della inadeguata prestazione sanitaria

Dall’esame della documentazione medica e della espletata CTU era emersa l’inadeguatezza della prestazione sanitaria adoperata dal sanitario convenuto in giudizio. Il CTU., in particolare, dopo aver ricostruito la vicenda clinica in esame aveva affermato che “Le quattro ecografie eseguite (…), furono eseguite in maniera superficiale ed incompleta”. E con riferimento agli esami di laboratorio dell’alfafetoproteina, quando la gravidanza era giunta a 18 settimane di amenorrea, aveva sostenuto che, “nonostante i detti esami avessero dato un risultato notevolmente alterato, detto risultato non fu preso in considerazione dal ginecologo”.

Lo stesso consulente aveva precisato, poi, che se la diagnosi patologica per acalvaria “… alla 11esima settimana può essere solamente sospettata, a 12 settimane è diagnosticabile con certezza” e nel caso in esame, la gravidanza era giunta a 12 settimane più 4 giorni di amenorrea e quindi un esame ecografico più accurato (…) avrebbe dovuto consentire di diagnosticare o sospettare la grave anomalia fetale”.

Secondo il CTU la ritardata diagnosi di “acrania” aveva dunque, comportato per la gestante un ritardo di informazione da cui scaturì un ritardo di esecuzione di aborto terapeutico di circa 8 settimane.

Era pacifico, dunque, che la condotta del convenuto fosse stata negligente e che se egli avesse tenuto, nell’eseguire la prestazione sanitaria, conformemente con le prescritte linee guida prescritte, avrebbe certamente diagnosticato la malformazione del feto in un momento antecedente rispetto all’esame morfologico, già a partire dalla 12esima settimana, inducendo così la gestante ad una IGV molto più sicura e scevra da complicanze.

Per queste ragioni il Tribunale ha accolto la domanda attorea. Tra le altre voci di danno riconosciute all’attrice, il Tribunale ha incluso anche il danno psichico, definito come quella “alterazione patologica dell’integrità psichica e dell’equilibrio di personalità, provocata da un evento traumatico di natura dolosa o colposa, che limita notevolmente ed in maniera durevole l’esplicazione di alcuni aspetti della personalità nel regolare svolgimento della vita quotidiana”.

La redazione giuridica

Leggi anche:

IMPOSSIBILE ESEGUIRE L’ECOGRAFIA COMPLETA AL FETO: LA GESTANTE VA INFORMATA

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui