Non basta il concorso di colpa del pedone a liberare il conducente del veicolo investitore dalla responsabilità dell’incidente

La Corte di Cassazione ha chiarito che il danno non è imputabile (in tutto on in parte) al conducente non semplicemente quando abbia concorso a cagionarlo (in tutto o in parte) il pedone, ma quando la condotta di quest’ultimo, pur se colpevole, non era prevedibile al punto da impedire la conducente di evitare l’investimento

La vicenda

La ricorrente era stata investita mentre attraversava la strada da un motociclo, il quale percorreva una corsia preferenziale in senso di marcia vietato.

A causa di tale incidente la donna riportava lesioni severe, che avevano richiesto trattamenti medici e comportato una permanente invalidità.

Perciò, quest’ultima aveva agito in giudizio contro il conducente e il proprietario del motociclo e contro la compagnia assicurativa chiedendone il risarcimento dei danni.

Il giudizio di merito

In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda, riconoscendo la esclusiva responsabilità del convenuto, ai sensi dell’art. 2054, primo comma, c.c., e condannava tutti i convenuti al pagamento della somma di 260.486 euro a titolo di risarcimento. Su appello di questi ultimi, la corte di secondo grado dichiarava il concorso di colpa della vittima nella misura del 30% riducendo, di conseguenza, l’ammontare del risarcimento; escludeva altresì, dall’ammontare stabilito la somma di 80 mila euro riconosciuta dal giudice di primo grado a titolo di danno morale.

Ebbene, la ratio della decisione impugnata risiedeva nel fatto che la vittima avesse concorso colpevolmente a causare il danno, attraversando non sulle strisce, ma in prossimità, e non avvedendosi imprudentemente del sopraggiungere del motociclo. Inoltre, la corte di merito aveva escluso il risarcimento del danno morale ritenendo che tale voce di danno non fosse autonomamente risarcibile.

Il ricorso per cassazione

Contro tale decisione la vittima ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erronea valutazione della corte di merito in ordine al concorso di colpa. A sua detta la presunzione di colpa esclusiva del veicolo investitore (come posta dall’articolo 2054 c.c.) non era mai stata superata e non bastava l’eventuale sua imprudenza a poter giustificare tale superamento.  

Il motivo è fondato” – hanno dichiarato gli Ermellini nella sentenza in commento (Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, ordinanza n. 5627/2020).

Per consolidato orientamento giurisprudenziale il conducente può “liberarsi” da responsabilità se dimostra di aver fatto di tutto per evitare il danno e dunque se ne dimostra l’imprevedibilità ed inevitabilità; ma anche ove non sia riuscito a fornire tale prova, può avere incidenza sulla sua responsabilità il concorso di colpa del danneggiato (Cass. n. 24024/2014; Cass. n. 8663/2017; Cass. n. 2241/2019).

L’art. 2054 c.c. pone una regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente, il quale deve dimostrare di aver fatto il possibile per evitare il danno. Una tale prova liberatoria può essere fornita certamente allegando l’imprudenza del pedone, ma solo se questa si presenti come condotta imprevedibile (Cass. n. 8663/2017).

Il concorso di colpa e la condotta imprudente del danneggiato

In sostanza, il danno non è imputabile (in tutto on in parte) al conducente non semplicemente quando abbia concorso a cagionarlo (in tutto o in parte) il pedone, ma quando la condotta di quest’ultimo, pur se colpevole, non era prevedibile al punto da impedire la conducente di evitare l’investimento.

Qualora, la situazione di pericolo è di tale evidenza da poter essere superata con l’uso della normale diligenza, non deve essere ritenuto responsabile dell’incidente chi ha posto in essere la situazione di pericolo.

In sostanza, l’incidenza della condotta del danneggiato va misurata sullo standard di diligenza imposta al danneggiante, se costui si libera dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, vuol dire che non è sufficiente la dimostrazione che il pedone era in qualche misura in colpa, se comunque risulta che il danno era evitabile da parte del conducente.

Può apparire un regola che agevola gli imprudenti – ha affermato la Suprema Corte -, ma scopo della responsabilità non è imporre una morale quanto prevenire gli incidenti”.

Dunque, il rapporto tra l’articolo 2054 c.c. e l’art. 1227 c.c. è nel senso che la prevenzione è affidata prevalentemente al conducente, il quale è esente solo davanti a comportamenti imprevedibili del pedone, non solo colposi, ma per l’appunto, imprevedibili ed inevitabili.

Tanto premesso, la Corte di Cassazione (Terza Sezione Civile, ordinanza n.5627/2020) ha, invece, ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata liquidazione del danno morale.

In realtà, la ricorrente non aveva allegato alcuna dimostrazione di tale danno asseritamente patito, con la conseguenza che la doglianza si limitava a contestare il principio astratto della autonoma risarcibilità del di tale voce di danno, ma non ne dimostrava la rilevanza nel caso concreto.

La redazione giuridica

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