La Corte di Cassazione è tornata a discutere in ordine alla possibilità per i condomini di accordarsi liberamente per determinare i criteri di ripartizione delle spese in caso di opere riguardanti il condominio

La vicenda

Una società proprietaria di alcuni locali all’interno di un edificio aveva citato in giudizio il condominio, impugnando la delibera assembleare con cui erano stati approvati alcuni lavori di ristrutturazione.

A sostegno della propria domanda la società aveva rilevato la nullità o, comunque l’annullabilità della predetta delibera, per la non regolare costituzione dell’assemblea e per l’essere state utilizzate tabelle millesimali non debitamente approvate dalla totalità dei condomini, con la conseguente errata ripartizione delle spese.

La corte d’appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda attorea, annullando la delibera assembleare, in quanto illegittima nella parte in cui aveva previsto la ripartizione delle spese prescindendo dalle tabelle millesimali vigenti e utilizzandone altre, mai approvate, ma rispondenti a una prassi formatasi negli anni.

La Seconda Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 26042/2019) ha confermato il decisum della corte torinese, non sussistendo la violazione di legge dedotta dal condominio.

Per lungo tempo (Cass. n. 3245 del 10/02/2009) la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di condominio, le tabelle millesimali “possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, rappresentando la loro allegazione un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti, poiché i condomini, anche in mancanza di tale regolamento, sono liberi di accordarsi tra loro ai fini della ripartizione di tutte o alcune delle spese comuni, purché sia rispettata, a norma dell’art. 1123 c.c., la quota posta a carico di ciascuno in proporzione al valore della rispettiva proprietà esclusiva”.

I facta concludentia cui tradizionalmente si ricollegava il riconoscimento di possibili modifiche in forma libera delle tabelle erano il pagamento dei contributi per diversi anni da parte dei condomini in base alla tabella di fatto applicata; la prolungata accettazione dei bilanci; la partecipazione con voto favorevole a reiterate delibere di ripartizione delle spese condominiali straordinarie; o ancora l’acquiescenza alla concreta attuazione di tali delibere.

Tuttavia, la richiamata pronuncia del 2009 contiene una contraddittoria affermazione laddove da una parte sostiene la libertà dei condomini di accordarsi circa il riparto delle spese, dall’altra prevede l’obbligo di rispettare la proporzionalità rispetto al valore della porzione di piano. A tale contraddittoria affermazione si aggiunge il rilievo che il criterio di ripartizione previsto dalla legge (art. 1123 c.c.) (è) preesistente ed indipendente dalla formazione delle tabelle.

La forma richiesta per le tabelle millesimali

In ordine invece alla forma delle tabelle millesimali, già un decennio prima le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. sez. U n. 943 del 30/12/1999) erano pervenute ad affermare che la formazione del regolamento “è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam, mentre, quanto alle clausole del regolamento che abbiano natura contrattuale, l’esigenza della forma scritta è imposta dalla circostanza che esse incidono, costituendo oneri reali o servitù, sui diritti immobiliari dei condomini sulle loro proprietà esclusive o sulle parti comuni oppure attribuiscono a taluni condomini diritti di quella natura maggiori di quelli degli altri condomini.

Secondo tale interpretazione, dunque, il requisito della forma scritta ad substantiam deve intendersi necessario anche per le modificazioni del regolamento di condominio, perché esse, in quanto sostitutive delle clausole originarie del regolamento, non possono non avere i medesimi requisiti delle clausole sostituite, dovendosi conseguentemente escludere la possibilità di una modifica per il tramite di comportamenti concludenti dei condomini”.

Le Sezioni Unite sono, poi, tornate a occuparsi dell’atto di approvazione delle tabelle millesimali con la sentenza n. 18477 del 09/08/2010, che ha risolto la contraddizione sopra tratteggiata. Si è affermato che tale atto, al pari di quello di revisione delle tabelle, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente l’approvazione da parte dell’assemblea condominiale, con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2 c.c.

In sintesi

a) le sezioni unite ritengono che “l’atto di approvazione della tabella fa capo a una documentazione ricognitiva” del rapporto tra valori delle proprietà esclusive;

b) le “tabelle, in base all’art. 68 disp. att. c.c., sono allegate al regolamento di condominio, il quale, in base all’art. 1138 c.c., viene approvato dall’assemblea a maggioranza”, per cui è “logico concludere che tali tabelle vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio”; “in linea di principio, infatti, un atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, deve ritenersi sottoposto alla stessa disciplina, a meno che il contrario risulti espressamente”. Ciò comporta anche che la “stessa disciplina” in tema di forma scritta ad substantiam.

Venendo al caso in esame, aveva errato il condominio ad addebitare alla società ricorrente la ripartizione delle spese “prescindendo dalle tabelle”, secondo criteri della prassi adottati in base a tacita adesione dei condomini. Al riguardo la Cassazione ha confermato il principio di diritto contenuto nella sentenza impugnata secondo cui sono irrilevanti “le prassi in concreto seguite non rispettose delle tabelle, ritenendosi del tutto irrilevante anche il consenso tacito dei condomini, pur consolidato nel tempo”, “sino a quando (le tabelle in essere) non vengano modificate da una valida deliberazione”.

Avv. Sabrina Caporale

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