La mancanza del consenso della vittima costituisce requisito esplicito del reato di violenza sessuale e l’errore sul dissenso si sostanzia in errore inescusabile sulla legge penale

La vicenda

L’imputato era stato condannato, all’esito del giudizio di secondo grado, alla pena di quattro anni e dieci mesi di reclusione per i reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e violenza sessuale aggravata ai danni dell’allora convivente.

Contro la decisione della Corte d’appello di Genova, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione lamentando l’errata qualificazione del reato di violenza sessuale per insussistenza dell’elemento soggettivo.

Data la relazione conflittuale tra le parti, l’uomo aveva eccepito di non essere stato nella condizione di percepire l’eventuale dissenso della donna ai loro rapporti intimi.

Ed invero, il dissenso al rapporto era stato manifestato dalla controparte solamente al termine e dopo l’atto sessuale, attraverso ripetuti messaggi in cui la donna gli addebitava ogni sorta di violenza e di vessazione, ma senza fare alcuno specifico riferimento ad atti di violenza sessuale ovvero a costrizione di rapporti, tanto da lasciare intendere che si trattasse di un modo per manifestare la sua volontà di chiudere la relazione affettiva.

Il giudizio di legittimità

Ma la Terza Sezione Penale della Cassazione (42118/2019) non ha accolto il ricorso e ha chiarito che “integra l’elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona” (Sez. 3, n. 22127 del 23/06/2016).

Del pari, l’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è costituito dal dolo generico e, pertanto, dalla coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona non consenziente, restando irrilevante l’eventuale fine ulteriore propostosi dal soggetto agente (Sez. 3, n. 20754 del 17/04/2013).

La mancanza del consenso costituisce poi requisito esplicito della fattispecie e l’errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale (Sez. 3, n. 2400 del 05/10/2017).

Si è anche detto che, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale, è sufficiente che l’agente abbia la consapevolezza del fatto che non sia stato chiaramente manifestato il consenso da parte del soggetto passivo al compimento degli atti sessuali a suo carico (cfr. Sez. 3, n. 49597 del 09/03/2016).

Non è infatti ravvisabile alcun indice normativo che possa imporre, a carico del soggetto passivo del reato, un onere, neppure implicito, di espressione del dissenso all’intromissione di soggetti terzi all’interno della sua sfera di intimità sessuale. Al contrario, si deve piuttosto ritenere che tale dissenso sia da presumersi, laddove non sussistano indici chiari ed univoci volti a dimostrare l’esistenza di un sia pur tacito ma in ogni caso inequivoco consenso (così, in motivazione, Sez. 3 n. 49597).

La mancata applicazione delle circostanze attenuanti

La Cassazione ha confermato la decisione impugnata anche in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante della minore gravità di cui all’art. 609-bis comma terzo cod. pen., la quale “può essere riconosciuta solo all’esito di una valutazione globale del fatto, che tenga conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle sue condizioni fisiche e mentali, dell’entità della compressione della libertà sessuale e del danno arrecato, anche in termini psichici, al soggetto passivo, sicché deve escludersi che la sola ‘tipologia’ dell’atto possa essere sufficiente per ravvisare o negare tale attenuante” (Sez. 3, n. 39445 del 01/07/2014).

Nel caso in esame l’odiosità della condotta, la lesione alla libertà sessuale e il disagio psicologico della vittima erano stati massimi; né il contesto di angherie e di sopraffazioni, gratuite ed ingiustificate, ed anche per ciò ancora più difficili da sopportare, avrebbe potuto rendere la persona offesa più “preparata” all’eventuale aggressione sessuale.

La redazione giuridica

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