Per la configurabilità del reato di lesioni aggravate non è obbligatoria la certificazione medica, ma sono sufficienti le dichiarazioni della persona offesa (Cassazione penale, sez. V, dep. 05/12/2023, n.48496).

La vicenda giudiziaria

Tribunale e Corte d’Appello (quest’ultima rideterminando la pena) riconoscevano l’imputato colpevole per il reato di lesioni aggravate personali; condanna confermata anche dalla Cassazione.

L’imputato ricorre in Cassazione lamentando la errata applicazione della legge sulla configurabilità del reato di lesioni aggravate e mancanza dell’elemento oggettivo del reato.

In sintesi, secondo la tesi dell’imputato, vi sarebbero versioni discordanti fornite dalla persona offesa sul luogo dove era stata colpita e l’assenza di un certificato medico attestante le lesioni subite.

Sottolinea, inoltre, che l’accertamento della responsabilità per le lesioni aggravate non avrebbe potuto essere fondato sulle tumefazioni riscontrate dai Carabinieri intervenuti sul posto sul viso della persona offesa, in quanto le stesse avrebbero potuto derivare dallo stato di alterazione psichica nel quale ella si trovava in quel momento e dunque i fatti risulterebbero fondati sulle sole dichiarazioni della donna.

Il giudizio di Cassazione

Gli Ermellini premettono che per la configurabilità del delitto di lesioni aggravate non è necessario che le stesse risultino da una certificazione medica.

La Corte di merito ha adeguatamente motivato la propria decisione facendo leva sulla circostanza che le dichiarazioni della persona offesa sono state corroborate dal diretto accertamento da parte dei Carabinieri.

Infatti, circa due ore dopo, la vittima aveva raccontato l’episodio ai militari e che avevano riscontrato la presenza sul viso della stessa di una tumefazione tra lo zigomo e l’occhio destro compatibile con il pugno che la stessa aveva dichiarato di aver ricevuto dall’imputato.

Venendo “al peso” delle dichiarazioni della persona offesa viene rammentato che le stesse possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto.

Nella fattispecie in esame, la credibilità della persona offesa è stata desunta, con un ragionamento di adeguata tenuta logica, dalla circostanza che, con l’invio ai figli della stessa delle immagini che la ritraevano nuda in atteggiamenti sessualmente espliciti, l’imputato aveva concretizzato le minacce reiteratamente indirizzate alla stessa.

Conclusivamente, la sentenza impugnata viene annullata senza rinvio limitatamente al reato di diffamazione perché estinto per remissione di querela, confermato il resto.

Avv. Emanuela Foligno

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