Nessun risarcimento per contagio HCV derivato da emotrasfusione infetta a un uomo che, sebbene consapevole di essere affetto dalla patologia, non aveva ancora la prova certa del nesso causale tra la stessa e la trasfusione

Aveva evocato in giudizio il Ministero della salute per ottenere la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali, biologici, morali ed esistenziali, derivanti dal pregiudizio patito per effetto del contagio HCV asseritamente derivato da una emotrasfusione somministrata nell’anno 1975 in occasione di un ricovero in ospedale. Il Ministero – a suo dire – avrebbe colposamente omesso di vigilare sulla circolazione di sangue infetto, violando l’articolo 2043 c.c. In via alternativa, l’attore prospettava l’ipotesi di responsabilità contrattuale. Aggiungeva di avere presentato istanza di indennizzo alla competente USSL e di avere ricevuto una somma per arretrati e un vitalizio di euro 550,74 a bimestre.

Il Tribunale aveva respinto le domande per intervenuta prescrizione quinquennale. Secondo il primo giudice il dies a quo avrebbe dovuto essere computato dal momento in cui la malattia era stata percepita o avrebbe potuto essere conosciuta, usando la ordinaria diligenza. Nel caso di specie la piena conoscenza dell’infezione risaliva all’anno 1993, momento in cui sarebbe stata confermata la positività dell’attore al virus, in occasione della visita di leva.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte l’attore deduceva che la sentenza della Corte di appello avrebbe erroneamente fatto decorrere il termine di prescrizione dal momento in cui il ricorrente era adolescente, avendo egli subito una trasfusione già dalla nascita o, comunque, individuando nell’anno 1993 quel termine, in occasione della visita di leva nella quale era stato ritenuto inidoneo al servizio. In tal modo, la Corte avrebbe violato i principi in tema di prova presuntiva e quelli affermati dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2008 nelle sentenze n. 576- 595, secondo cui il termine decorrerebbe da quando il danneggiato ha avuto la percezione di tutti gli elementi qualificativi della fattispecie illecita produttiva del danno. A giudizio del ricorrente tali elementi, nel caso di specie, andavano riferiti al momento in cui era stato conosciuto l’esito della biopsia epatica (9 agosto 2006) o, quanto meno, al momento di presentazione della domanda di indennizzo. La Corte avrebbe errato nell’anticipare la conoscenza ad un momento anteriore alla domanda di indennizzo, sulla base delle affermazioni contenute nell’atto di citazione e di quanto argomentato dal primo giudice. Infatti, sebbene l’attore avesse percezione della malattia sin dall’infanzia, non avrebbe potuto conoscere la correlazione tra la malattia e la condotta del Ministero. Per avere prova di ciò sarebbe stato necessario che la presunzione di consapevolezza della malattia, da cui trarre le conseguenze, avesse i caratteri di gravità, precisione e concordanza e “tali elementi non potrebbero essere individuati nella circostanza di sapere di essere affetto da HCV, mancando la prova della conoscenza, tratta in via presuntiva ai sensi degli articoli 2727-2729 c.c.”. Pertanto il termine avrebbe dovuto essere riferito al momento in cui uno o più fattori concorrenti avessero dato certezza dell’esistenza dello stato morboso e della normale conoscibilità dello stesso. In sostanza, sebbene l’attore fosse consapevole di essere affetto da HCV, egli non aveva “ancora la prova certa (consapevolezza) del nesso causale tra la malattia e la trasfusione” e neppure la “conoscenza della portata, cronica o transitoria, dello stato della propria malattia”.

Il Supremo Collegio, tuttavia, con l’ordinanza n. 21147/2021 ha ritenuto di non aderire alle doglianze proposte.

La censura, infatti, non si confrontava con la motivazione della Corte di appello che individuava i dati fattuali sulla base dei quali ricavava l’elemento della consapevolezza della riferibilità della malattia alla trasfusione e alla responsabilità del Ministero facendo corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la prescrizione può decorrere anche da un momento antecedente quello della presentazione della domanda di indennizzo, ove sia dimostrato, anche per presunzioni, il profilo della consapevolezza della patologia e della sua riconducibilità causale alla trasfusione.

La redazione giuridica

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