La Corte si è espressa su richiesta del Tribunale Amministrativo di Madrid in merito al ricorso di un’infermiera spagnola cui era stato rinnovato sette volte il contratto a tempo determinato prima che venisse posto fine al rapporto di lavoro

Ricorrere a una successione di contratti a tempo determinato per soddisfare esigenze permanenti nell’ambito dei servizi sanitari è contrario al diritto dell’Unione. L’utilizzo di tali contratti può essere giustificato solo dalla necessità di far fronte ad esigenze provvisorie.

Lo ha stabilito nei giorni scorsi la Corte di giustizia dell’Unione Europea con la sentenza C-16/15 relativa alla causa tra una infermiera spagnola, María Elena Pérez López e Servicio Madrileño de Salud.

La donna era stata assunta in qualità di infermiera all’ospedale universitario di Madrid per un periodo di 6 mesi (5 febbraio – 31 luglio 2009) per la “realizzazione di specifici servizi di natura temporanea, congiunturale o straordinaria”; successivamente la nomina era stata rinnovata sette volte, sempre mediante contratti a tempo determinato redatti in modo identico. A conclusione del suo ultimo contratto, a marzo 2013, l’infermiera aveva ricevuto rassicurazione circa una nuova ulteriore nomina, tanto da continuare a prestare servizio per l’ospedale in modo ininterrotto fino a  giugno 2013. Nel frattempo, tuttavia, la donna era stata informata che il suo rapporto di lavoro sarebbe terminato.

Contro tale decisione la sig.ra Pérez López ha proposto ricorso, basandosi sulla considerazione che le sue successive nomine non rispondevano ad un bisogno congiunturale o straordinario dei servizi sanitari, ma corrispondevano, in realtà, a un’attività permanente. A fronte di tale ricorso, il Tribunale amministrativo di Madrid si è rivolto alla Corte di giustizia dell’UE per ottenere chiarimenti circa la compatibilità della normativa spagnola che permette il rinnovo di contratti a tempo determinato nell’ambito dei servizi sanitari, con l’accordo quadro comunitario sul lavoro a tempo determinato. Tale accordo prevede che gli Stati membri debbano introdurre misure per prevenire gli abusi che risultano dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato e per evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti. I dubbi del giudice spagnolo, nello specifico, riguardavano le ragioni obiettive che possono giustificare il rinnovo di tali contratti.

La Corte ha chiarito che l’accordo quadro impone agli Stati membri di prevedere nella loro normativa, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato, mediante ogni mezzo di loro scelta, almeno uno dei tre seguenti punti: le ragioni obiettive mediante le quali il rinnovo dei contratti a tempo determinato può essere giustificato; la durata massima complessiva per la quale tali contratti possono essere successivamente conclusi; il numero di rinnovi possibili di tali contratti.

La normativa spagnola non prevede un limite né per quanto riguarda la durata, né per quanto riguarda il numero di rinnovi dei contratti a tempo determinato e pertanto, secondo la Corte, è contraria all’Accordo quadro; inoltre, anche per quanto riguarda le ragioni obiettive alla base dei rinnovi, la Corte ha stabilito il principio secondo cui i contratti non possono essere rinnovati per compiti permanenti e duraturi che appartengono alla normale attività del servizio ospedaliero ordinario, ma solo per la necessità di far fronte a esigenze provvisorie. Nel caso della sig.ra Pérez López, le nomine successive di cui la stessa è stata oggetto non sembrano rientrare in questa seconda fattispecie.

In Italia la normativa soddisfa due dei tre punti previsti dall’Accordo quadro. Il Decreto legislativo 81/2015 prevede infatti che il contratto “non può avere una durata superiore a trentasei mesi ed è prorogabile, con il consenso del lavoratore e nei limiti della durata massima prevista (36 mesi), fino a un massimo di cinque volte, indipendentemente dal numero dei rinnovi”. Quanto alle ragioni obiettive in base alle quali il contratto può essere rinnovato, il principio sancito dalla Corte è valido anche nel nostro Paese confermando così l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la Pubblica Amministrazione non può assumere dipendenti con contratto a tempo determinato e poi rinnovare a oltranza tale tipo di rapporto, condannandoli a una vita di precariato: una situazione del genere viola i principi della normativa.

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