Il condomino può utilizzare in maniera più intensa la cosa comune senza precludere l’uso paritetico degli altri condomini

Il pari uso della cosa comune, ai sensi dell’art. 1102 del codice civile non va inteso nei termini di assoluta identità dell’utilizzazione del bene da parte di ciascun condomino, che avrebbe come conseguenza un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi della res comune. I limiti posti all’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino, ossia il divieto di alterarne la destinazione e l’obbligo di consentire un uso paritetico, non impediscono al singolo condomino di servirsi del bene anche per fini esclusivamente propri e di trarne ogni possibile utilità.

Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 18191/2020 pronunciandosi sul ricorso di due condomini contro la decisione dei giudici del merito di accogliere la richiesta avanzata da altri condomini di abbattimento del muro eretto a divisione di una parte del sottotetto condominiale e al rilascio della porzione di quest’ultimo occupata.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte i ricorrenti eccepivano, tra gli altri motivi, che “l’uso più intenso da parte del singolo condomino della cosa comune era consentita dall’art. 1102 c.c., stante che l’uso paritetico non importava l’uso identico e contemporaneo da parte di tutti i condomini”.

I Giudici Ermellini hanno evidenziato come  l’art. 1102 c.c., nell’interpretazione della Cassazione, consente modifiche alla cosa comune al fine di permettere al singolo condomino, nei limiti sopra riportati, un uso più intenso della stessa.

Nel caso in esame, tuttavia, non si rilevava  una tale indispensabile strumentalità, “in quanto, se può reputarsi consentito al singolo condomino trarre un più intenso vantaggio dalla cosa comune, nella specie aumentando, con opportune opere, la capacità di coibentazione del sottotetto e, ove ne ricorrano i presupposti, utilizzando lo stesso, nei limiti sopra delineati, per riporre mobili di esclusiva proprietà, allo stesso tempo, tuttavia, la segregazione di una parte del medesimo, non risultando funzionale allo scopo (del maggior legittimo godimento), deve reputarsi vietata”.

Si tratta, in altri termini, di una modifica della cosa comune non consentita, in quanto, non diretta ad assicurare il miglior godimento al singolo condomino. I ricorrenti, infatti, ben potevano usufruire della maggiorata coibentazione e potevano, nei limiti delineati, collocare beni mobili di loro esclusiva proprietà, senza necessità di segregare l’area.

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