Crisi d’ansia e nevrosi a causa del demansionamento

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Crisi d'ansia e nevrosi a causa del demansionamento

Crisi d’ansia e nevrosi patiti a causa del demansionamento (Cass. civ., sez. lav., 11 ottobre 2022, n. 29515).

Crisi d’ansia e nevrosi del lavoratore a causa del demansionamento.

La vicenda posta all’attenzione della Suprema Corte riguarda lo stato patologico di un lavoratore, caratterizzato da crisi di ansia e nevrosi, provocate dal demansionamento, di cui viene invocata la natura di malattia professionale.

La Suprema Corte ha statuito che “l’indennizzo INAIL è possibile per il lavoratore affetto da crisi di ansia e nevrosi, in quanto la malattia professionale è indennizzabile anche quando non sia contratta in seguito a specifiche lavorazioni, ma derivi dall’organizzazione del lavoro e dalle sue modalità di esplicazione.

In primo grado la domanda del lavoratore veniva accolta, ma i Giudici della Corte di Appello di Napoli la respingono evidenziando che “non vi è diritto all’indennizzo nei confronti dell’INAIL per le crisi d’ansia e nevrosi come derivante dal demansionamento subito».

Secondo la Corte territoriale “non può ravvisarsi in capo al lavoratore una malattia professionale indennizzabile, poiché, alla luce del Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la copertura assicurativa opera solo per le tecnopatie conseguenti a precise lavorazioni e non per quelle dipese da modalità organizzative del rapporto di lavoro”.

Il lavoratore impugna la decisione in Cassazione e sostiene errato avergli addossato il nesso di causalità tra la malattia e una specifica lavorazione, laddove è pacificamente ammesso l’indennizzo INAIL anche per le malattie non tabellate, purchè venga dimostrata l’origine professionale.

La censura è fondata.

Difatti, la malattia professionale è indennizzabile anche quando non sia contratta in seguito a specifiche lavorazioni, ma derivi dall’organizzazione del lavoro e dalle sue modalità di esplicazione.

Così, ad esempio, spiegano gli Ermellini, è stato riconosciuto l’indennizzo al lavoratore che aveva contratto malattia professionale dovuta allo stress subito per le eccessive ore di lavoro straordinario chieste dal datore di lavoro (Cass.5066/18). Ancora, è stato riconosciuto l’indennizzo del D.Lgs. n. 38 del 2000 art. 13 al lavoratore affetto da patologia psichica dovuta alle vessazioni subite dal proprio datore di lavoro (Cass.8948/20).

In definitiva, ciò che rileva, è che la malattia derivi dal fatto oggettivo dell’esecuzione della prestazione in un determinato ambiente di lavoro, seppur non sia specifica conseguenza dalla prestazione lavorativa. Rientra nel rischio assicurato dall’art. 1, richiamato poi dal D.P.R. n. 1124 del 1965 art. 3, non solo il rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche il rischio collegato con la prestazione lavorativa.

Come affermato dalle Sezioni Unite (n. 3476/94), la tutela assicurativa è da rapportare “al lavoro in sé e per sé considerato e non soltanto a quello reso presso le macchine”.

Dunque, l’assicurazione è obbligatoria per tutte le malattie, anche diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate al D.P.R. n. 1124 del 1965 e da quelle causate da una lavorazione specifica o da un agente patogeno indicato nelle tabelle, purché si tratti di malattie delle quali sia provata la causa di lavoro (v. Cass.5066/18, cit.).

La decisione viene dunque cassata con rinvio alla medesima Corte d’Appello per gli ulteriori accertamenti di merito.

Avv. Emanuela Foligno

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