Un numero sconfortante quello degli avvocati in fuga, se confrontato con il totale di circa 240mila professionisti del foro contro i 50mila della Francia. Indicativo di quello che sembra a tutti gli effetti un declino della professione.
In Italia nel 2015 sono almeno ottomila quelli che hanno scelto di dismettere la toga. Come? Non rinnovando l’iscrizione alla cassa forense, che a seconda del titolo – da praticante non abilitato fino ai cassazionisti – varia dai 70 ai 205 euro annui.
«L’iscrizione è diventata obbligatoria ufficialmente dal primo gennaio 2014» spiega all’Agi Nunzio Luciano, presidente della Cassa forense. «Negli 8mila avvocati in fuga sono comprese molte persone che hanno sempre avuto un altro impiego principale – il piu’ delle volte nella pubblica amministrazione – e che magari esercitavano solo per hobby, resta il fatto che la cifra è elevatissima».
Il futuro è tutt’altro che roseo, perché ad oggi sono oltre 80mila gli avvocati che hanno un reddito da fame. «E’ molto probabile che una parte di loro abbandonerà la professione, continua Luciano». Tra i più colpiti i giovani e le donne che percepiscono un reddito dimezzato rispetto ai loro colleghi maschi. Ma iniziano a soffrire anche le fasce intermedie, specie se non specializzate.
Ai tempi della crisi trascinare qualcuno in tribunale è diventato un lusso: «il contenzioso ha costi altissimi, chi è in difficoltà non può permettersi una spesa simile» spiega ancora il presidente della Cassa forense. «L’avvocato d’ufficio viene pagato pochissimo. Per una causa delicata come quella di un divorzio con figli può percepire anche 100 euro».
Prima di essere pagati, poi, possono trascorrere anche anni: «Stiamo cercando di introdurre norme per abbattere i tempi di pagamento per chi difende i soggetti meno abbienti» spiega. Per Luciano i «veri monopolisti sono le grandi assicurazioni che non retribuiscono il legale in base a parametri di minimo perché non esistono più. La retribuzione e’ ridotta all’osso a scapito della qualità».
A chi propone il numero chiuso per arginare l’enorme offerta, Nunzio Luciano risponde che ormai é tardi. «Dai dati in mio possesso risulta che gli iscritti alle facoltà di giurisprudenza sono sempre meno. Era necessario agire prima e introdurre il numero programmato nel secondo anno accademico per evitare il boom e permettere a persone meritevoli di trovare comunque un’altra strada senza restare fuori dal mercato». (AGI)
Se gli gli Ordini degli Avvocati incominciassero a CACCIARE i colleghi che si comportano male la selezione ci sarebbe sul merito.
Quanti avvocati “matrimonialisti” usano il ricatto, l’intimidazione, l’estorsione per vincere le loro cause procurando sofferenze ingiustificate a figli e mariti e causando danni sociali enormi?
Certo adesso hanno solo da sperare nelle unioni civili per riprendersi il mercato perduto, ma non saranno tutti ricchi stilisti…
Pulizia al vostro interno, cari signori.
Caro Carlo la malpractice andrebbe sempre perseguita e anche malamente, ma siamo in un paese dove le regole si fanno per violarle e la buona morale è un talento che non appartiene a tutti.
Cari Saluti
CG
Già, solo che da chi è parte del sistema giudiziario, al punto che il proprio codice lo pubblica il Ministero di Grazia e Giustizia, ci si aspetta che oltre a fare le norme adotti ogni mezzo per farle rispettare.
Ma evidentemente non interessa.
Grazie per la risposta
Io ho 71 anni e la mia storia in parte la conoscete ma non è di me che voglio parlare ma del problema che voi stessi state ponendo a tutti noi. E’ ovvio che per un paese che si definisce “Democratico” questo è un fatto di estrema gravità in quanto evidenzia la mancanza di fiducia dei cittadini nei confronti di queste istituzioni (tutte) e della competenza o onestà degli avvocati che più che spesso (a tutela de propri interessi) invece di tutelare e difendere le aspettative dei loro assistiti preferiscono accordarsi (colludere anche tacitamente) con le controparti (siano esse private che istituzionali) da cui evince che “Il Cittadino” ha perso la fiducia (“certezza”) di poter ottenere quella “GIUSTIZIA” che è e rimane il cardine fondamentale della coesione sociale e quindi smette di affidarsi ad essa scegliendo (secondo i casi ed il carattere personale) di “Piegarsi” o ribellarsi con atti che possono (secondo punti di vista) essere definiti “GIUSTIZIA PERSONALE” O Crimini Atroci”. Da quanto sopra ritengo (è mia opinione) che se vogliamo (veramente) fermare la disgregazione sociale che è in atto sia necessario che ognuno faccia prima “autocritica personale” e poi si adoperi attivamente per una “Moralizzazione” globale del paese” poiché diversamente saremo inevitabilmente trascinati verso una rivoluzione.