Danno da premorienza e i relativi principi espressi dal Tribunale di Milano (Sez. X, pubb. 16/11/2022, Giudice Dott. Damiano Spera, n. 9042).

Danno da premorienza: il diktat del Tribunale di Milano che fa il punto sulla quantificazione del danno.

La vicenda trae origine da un sinistro stradale e in corso di giudizio l’attore è deceduto per motivi indipendenti dalle menomazioni derivanti dal sinistro oggetto di giudizio.

Il Tribunale precisa che “se il parametro di partenza è l’età della vittima poiché ciò incide sulla sua durata media della vita in cui dovrà convivere con la menomazione conseguente alla lesione, altro dato certo è che vi è molta differenza tra il calcolo presuntivo dell’aspettativa di vita, rispetto al dato certo della morte, che consente di calcolare l’esatto lasso di tempo in cui la vittima ha convissuto con la menomazione”.

Sul punto è pacifico il principio che “nella quantificazione del danno il giudice deve tener conto – in caso di premorienza – non della vita media futura presumibile della vittima, ma della vita effettivamente vissuta” (Cass. 12913/2020).

I criteri per la monetizzazione del danno sono stati diversi:

  1.  criterio ispirato alla riduzione equitativa del valore monetario (Cass. n. 5366/1998) che a parere del Giudice non appare condivisibile in quanto assegna al singolo giudicante la rimodulazione dell’importo, con seri rischio per l’equità;
  2. criterio proporzionale, che riduce il risarcimento dovuto al giudizio in misura corrispondente al rapporto fra il tempo in cui si è sopportato il danno e quello in cui si sarebbe dovuto sopportare se la vittima fosse sopravvissuta per tutta la durata della vita media. Tale “criterio romano” trova un correttivo nell’attribuzione immediata al danneggiato di una maggior quota dell’importo complessivamente dovuto e quantificato secondo le tabelle ordinarie. Tale scelta deriva dalla considerazione per cui il danno non sarebbe costante crescente con il tempo, in quanto una parte matura al momento della lesione (per un valore compreso tra il 10% e il 50%). La parte restante del danno si quantifica in termini proporzionali rispetto ai giorni di sopravvivenza. Anche questo secondo criterio, pur entro il correttivo evidenziato, conduce a risultati che portano a un favor per i soggetti anziani rispetto ai giovani.
  3. criterio che pone alla base del calcolo il valore corrispondente ad un soggetto di età pari alla differenza fra la durata della vita media ed il numero di anni effettivamente vissuti con la menomazione. Tale criterio, tuttavia, non valuta l’età in cui le menomazioni conseguenti alla lesione abbiano inciso sugli aspetti dinamico relazionali della vittima e neppure tiene conto del sesso della vittima (essendo diverse le aspettative di vita per donne e uomini).

Ciò rammentato, il Tribunale ricorda che Cass. n. 12913/2020 ha chiarito che il danno da premorienza era stato quantificato moltiplicando il valore monetario tabellare giornaliero (personalizzato) previsto per l’inabilità temporanea assoluta per il numero di giorni di effettiva esistenza del danneggiato dal sinistro al decesso.

L’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, escludendo il ricorso a modelli puramente equitativi o matematici, ha elaborato un criterio di riferimento basato sui seguenti principi:

-Il primo consiste nell’inidoneità del dato anagrafico ai fini della differenziazione dei risarcimenti, essendo tale fattore funzionale a calcolare l’aspettativa di vita, ossia il probabile tempo durante il quale la lesione subita dispiegherà i suoi effetti dannosi (salvo non sia nota la data del decesso).

-il secondo consiste nella determinazione di un valore risarcitorio medio annuo mediante il rapporto fra la media matematica per ogni percentuale di invalidità (tra il quantum liquidabile ad un soggetto di anni 1 ed uno di anni 100) e il valore ricavato dalla media matematica tra le aspettative di vita di ogni soggetto compreso fra 1 e 100 anni.

-il terzo si individua nel riconoscimento di un’evoluzione in senso decrescente del risarcimento, per cui il danno non è una funzione costante nel tempo ma è ragionevolmente maggiore in prossimità dell’evento, quando più intense sono le rinunce sotto il lato dinamico-relazionale e più gravi le sofferenze interiori, per poi decrescere progressivamente fino a stabilizzarsi (così come evidenziato, in passato, da Cass. 2297/2011).

 Il Tribunale di Milano non si discosta dalle tabelle milanesi, ritenendo censurabile il modello proporzionale proposta dalla Cass. n. 41933/2021 perché rinviene nell’aspettativa di vita al momento del fatto dannoso il punto di partenza per il computo dell’importo da liquidare , invece di valorizzare il periodo della vita effettivamente vissuta.

I criteri di quantificazione del danno da premorienza devono essere impiegati a prescindere dal fatto che la morte, nel corso del giudizio, derivi o meno dall’illecito che ha causato, in precedenza, una menomazione al danneggiato.

Conclusivamente, viene quantificato il danno da premorienza attraverso i valori espressi dalle tabelle di Milano edizione 2021.

Avv. Emanuela Foligno

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