Danno patrimoniale nella responsabilità sanitaria (Cassazione civile, sez. III, 16/05/2022, n.15605).

Danno patrimoniale derivante da malpractice medica nei confronti della Struttura Sanitaria viene rigettato dai Giudici di merito.

Il paziente ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Trieste, che – accogliendone solo parzialmente il gravame avverso la sentenza del Tribunale di Trieste – ha confermato, per quanto qui di interesse, il rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale avanzata, in relazione ad un episodio di malpractice medica, nei confronti dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria e dei due Medici.

In particolare, deduce il ricorrente, che la pretesa risarcitoria del danno patrimoniale, è stata invocata per il danno emergente, indicato negli esborsi sostenuti per retribuire, lungo l’intero periodo di inabilità due lavoratori (chiamati a disimpegnare i compiti svolti dallo stesso danneggiato presso la propria impresa individuale); e in secondo luogo, per il lucro cessante, costituito dal minore guadagno realizzato durante il periodo di inabilità.

Riconosciuta la responsabilità per errore medico, entrambi i Giudici di merito accoglievano la domanda di risarcimento solo in relazione ai danni non patrimoniali, con esclusione, appunto, di quelli patrimoniali.

Sul punto la Corte territoriale afferma – quanto al danno emergente – che la “sola spesa per i collaboratori non può considerarsi prova sufficiente a dimostrare il danno”, non essendo stato dimostrato “quanto questa attività fosse stata necessaria per sopperire alla mancanza del danneggiato.”

In merito, poi, al lucro cessante, la Corte territoriale ha ritenuto non costituire prova idonea la dichiarazione dei redditi perché la documentazione prodotta non dava “contezza della reale situazione della società”, non soddisfacendo, così, “l’onere della prova”.

Il ricorso viene ritenuto in parte inammissibile, e in parte infondato

Il ricorrente si duole del fatto che vi sarebbe stata una valutazione del materiale probatorio così radicalmente difforme dal canone del prudente apprezzamento, di cui all’art. 116 c.p.c., da risolversi in un gravissimo deficit motivazionale e, comunque, nella violazione delle norme in tema di nesso causale tra inadempimento e danno (o meglio, tra danno evento e conseguenze dannose).

Il vizio di violazione di legge “consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.

Ne consegue, quindi, che il “discrimine tra l’ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa”.

Il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, è ravvisabile solo quando “il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime”.

Il Giudice può liquidare il danno in via equitativa solo qualora per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo ammontare, e dall’altro non ricomprende l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno.

Ribadito ciò, non risulta debitamente provata la contrazione dei redditi invocata dal ricorrente e, conseguentemente, è corretto il rigetto della domanda inerente il danno patrimoniale.

Avv. Emanuela Foligno

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