Incidenza causale della condotta nel sinistro stradale (Cassazione civile, sez. III, dep. 17/05/2022, n.15735).

Incidenza causale della condotta in punto di quantificazione della responsabilità nel sinistro stradale.

La Corte d’appello di Roma, disatteso l’appello principale, e in accoglimento dell’appello incidentale avanzato dalla Assicurazione, ha riconosciuto il ricorso di una percentuale di responsabilità del danneggiato nella causazione del sinistro stradale dedotto in giudizio (stabilendola nella misura del 30%), condannando lo stesso alla restituzione, in favore della Assicurazione, di quanto percepito in eccesso a seguito della sentenza di primo grado a titolo di risarcimento dei danni subiti.

La Corte territoriale ha evidenziato come il primo giudice avesse correttamente proceduto alla determinazione delle poste risarcitorie spettanti al danneggiato, rilevando, tuttavia, come la ricostruzione della dinamica del sinistro operata in primo grado andasse corretta, essendo emersa una specifica e rilevante incidenza causale della condotta di guida tenuta dallo stesso danneggiato,  consistente nel non avere adeguatamente regolato la velocità del proprio motoveicolo nell’approssimarsi all’incrocio dove si scontrava con l’automobile.

L’uomo propone ricorso per Cassazione lamentando che i Giudici di appello, nel decidere sulla incidenza causale della condotta di guida del danneggiato, avrebbero in realtà accolto l’appello incidentale dell’Assicurazione che era tardivo.

Lamenta, inoltre, inadeguato rilievo delle risultanze del verbale della Polizia Municipale e conseguente errata attribuzione di incidenza causale in cooperazione alla produzione dell’evento nella misura del 30%.

Le censure sono inammissibili.

Attraverso la proposizione delle censure, il ricorrente , in realtà,  allega un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e un’inadeguto risarcimento del danno patrimoniale.

Tali operazioni riguardano la tipica fase di merito che non può essere censurata in Cassazione.

In buona sostanza il ricorrente nega congruità dell’interpretazione fornita dalla Corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti e dei fatti di causa ritenuti rilevanti.

Il Giudice d’appello, correttamente, ha ritenuto di rivisitare le fonti di prova complessivamente acquisite al giudizio al fine di pervenire, sulla base delle censure avanzate con l’appello incidentale, alla più adeguata ricostruzione dei fatti di causa, con particolare riferimento alla incidenza causale della condotta dello stesso danneggiato nella causazione del sinistro.

L’appello ha correttamente affermato la necessaria dipendenza, del risarcimento del danno patrimoniale per riduzione della capacità lavorativa specifica, alla dimostrazione, da parte dell’interessato, di avere subito concrete conseguenze patrimoniali per effetto dell’invalidità contratte a seguito del sinistro, sul punto uniformandosi al consolidato insegnamento della giurisprudenza ai sensi del quale “in caso di illecito lesivo dell’integrità psico-fisica della persona, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall’accertamento dell’invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica”.

Difatti, a tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere, al momento dell’infortunio, un’attività produttiva di reddito e di non avere mantenuto, dopo di esso, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali.  Sul punto, il ricorrente, ha trascurato di provare adeguatamente l’avvenuta contrazione del proprio reddito per effetto del sinistro.

Avv. Emanuela Foligno

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