Accolto in Cassazione il ricorso di un imputato contro la sentenza di condanna, in sede di merito, per la detenzione di 10 grammi di eroina a fini di spaccio

Era stato condannato in primo grado, con rito abbreviato, per la detenzione di 10 grammi di eroina a fini di spaccio. La Corte territoriale aveva riqualificato la fattispecie contestata nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 rideterminando la pena inflitta in due anni e due mesi di reclusione e quattromila euro di multa.

Nell’impugnare la decisione di appello il ricorrente eccepiva violazione di legge e vizi di motivazione con riferimento alla finalità di spaccio dello stupefacente sequestrato, ritenuta sussistente dalla Corte territoriale sulla base del quantitativo di stupefacente trovato in suo possesso, della sua condotta al momento del controllo da parte delle forze di polizia e del suo stato di disoccupazione, che non gli avrebbe consentito di effettuare acquisti di scorte per uso personale. Il tutto mentre il Giudice per le indagini preliminari in sede cautelare aveva, con argomentazioni ineccepibili, ritenuto plausibile, sulla base degli stessi elementi di prova acquisiti agli atti ed in mancanza di seri elementi di segno contrario, la destinazione della droga all’uso personale.

La Suprema Corte, con la sentenza n.12083/2020, ha ritenuto di aderire alle argomentazioni proposte accogliendo il ricorso in quanto fondato. In tema di sostanze stupefacenti – chiariscono i Giudici Ermellini – il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione.

Il dato quantitativo, infatti, può assumere valenza meramente indiziaria della destinazione della sostanza all’uso non esclusivamente personale, ma non è sufficiente ad integrare il reato, in presenza di elementi di segno opposto, prospettati dall’imputato o comunque emergenti “ex actis”.

Nel caso in esame, le circostanze valorizzate nella sentenza impugnata al fine di escludere la finalità di uso personale indicata dal ricorrente fin dal momento del suo arresto non apparivano concludenti, tanto più in mancanza di un compiuto accertamento del principio attivo presente nel reperto sequestrato, per dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio la destinazione allo spaccio della droga sequestrata nella concorrenza di elementi di prova, peraltro puntualmente evidenziati dal Giudice per le indagini preliminari in sede cautelare e mai confutati nel corso del giudizio.

Tali elementi, nello specifico, attestavano: lo stato di tossicodipendenza del ricorrente al momento dei fatti; il confezionamento della sostanza in unico involucro; la circostanza che al momento del controllo il ricorrente stava tornando a casa e non era in possesso di denaro o di materiale idoneo alla pesatura o al confezionamento della droga, mai del resto reperito nella sua disponibilità; l’inserimento del ricorrente in un contesto familiare da cui traeva concreto sostentamento economico. Da li, in assenza di ulteriori elementi probatori non valutati, la decisione di disporre l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

La redazione giuridica

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