Dipendente assente per infortunio svolge attività lavorativa in un bar, è giusto il licenziamento?

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La società datrice di lavoro contesta al dipendente che dal 24/12/2018 all’1/1/2019, benché assente dal lavoro per infortunio, aveva svolto attività lavorativa nel bar di sua proprietà. E, con comunicazione del 7/3/2019 , aveva intimato al dipendente il licenziamento per giusta causa.

Secondo il datore di lavoro, il dipendente aveva utilizzato anche la mano infortunata sia per attività leggere come fumare, impiegare il telefono cellulare per attività di risposta alle chiamate e scrittura sullo stesso, salutare con la mano destra stringendo la mano dell’interlocutore, mantenere documenti etc, sia per attività lavorative più pesanti, come aprire e chiudere la porta del locale, sollevare sedie, anche con pezzi sovrapposti impilabili, sollevare tavoli, portare zaini e pacchi, aprire e chiudere la tenda parasole, aprire e chiudere la serranda del locale, caricare e scaricare materiale dall’autovettura.

La vicenda giudiziaria

Impugnato il provvedimento di recesso, il Tribunale di Cosenza, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex lege n. 92 del 2012, dichiarava la illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto, con ogni conseguenza reintegratoria e risarcitoria.

La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza n. 918/2021, sui reclami proposti da entrambe le parti, confermava la pronuncia del primo Giudice rilevando che:

  • a) era onere del datore di lavoro dimostrare che l’attività svolta da dipendente era stata tale da mettere a rischio la sua piena guarigione e, quindi, compromettere l’interesse di esso datore.
  • b) La contestazione non riguardava la gestione di una attività commerciale ma l’avere svolto attività materiali idonee a compromettere la guarigione e, comunque, incompatibili, con lo stato di malattia del lavoratore.
  • c) Gli accertamenti erano consistiti nell’apposizione di una telecamera puntata sull’ingresso dell’esercizio commerciale.
  • d) Nella maggior parte dei fotogrammi, si vedeva il lavoratore svolgere attività del tutto prive di rilevanza. Solo in quattro episodi si notava che lo stesso svolgeva attività di cui alla lettera di contestazione che, però, in quanto svolte a distanza di circa sette mesi dall’infortunio (consistito nella distorsione di due dita della mano) e a pochi giorni dalla fine del periodo di diagnosticata inabilità, non erano tali da incidere o pregiudicare la guarigione.
  • e) Restava dunque non provata la illiceità del comportamento.

Il ricorso in Cassazione

Rivolgendosi alla Cassazione la società datrice contesta di non avere ottemperato all’onere della prova su di esso incombente e la mancanza di illiceità disciplinare.

Il giudizio di rigetto della Suprema Corte (Cassazione civile, sez. lav., 04/09/2024, n.23747)

Innanzitutto la Cassazione ricorda che in materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività, lavorativa o extralavorativa, durante l’assenza per malattia del dipendente, grava sul datore di lavoro la prova che la malattia in questione sia simulata, o che sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente, atteso che l’art. 5 della L. n. 604 del 1966 pone a carico del datore di lavoro l’onere della prova di tutti gli elementi di fatto che integrano la fattispecie che giustifica il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l’illecito disciplinare contestato.

Quanto deciso dalla Corte di appello è allineato ai principi dell’onere della prova e, pertanto, è da escludersi ogni asserita violazione di cui all’art. 2697 c.c.

La Corte territoriale ha rilevato, attraverso l’esame delle prove prodotte dal datore di lavoro (attività investigativa consistita nell’avere piazzato una videocamera puntata sull’ingresso dell’esercizio commerciale ininterrottamente dalle ore 23:00 del 23/12/2018 alle ore 22:00 dell’1/1/2019) che, nella maggior parte dei fotogrammi si notava il lavoratore svolgere attività del tutto prive di rilevanza.
Solo in quattro episodi si poteva vedere il lavoratore spostare dall’esterno all’interno del bar prima un tavolino a tre gambe e poi alcune sedie di plastica (24 dicembre), prelevare da un’auto parcheggiata proprio di fronte all’ingresso del bar due scatole di cartone portandole all’interno del bar (27 dicembre), portare fuori dal bar tre scatole di cartone (28 dicembre) e sollevare, infine, una sedia sempre di plastica (1 gennaio). Tali azioni sono state considerate insignificanti, ai fini di pregiudicare o ritardare la guarigione ed il rientro in servizio, in quanto si trattava di cd. attività “lavorative” svolte a distanza di circa sette mesi dall’infortunio consistito nella distorsione di due dita della mano e a pochi giorni dalla fine del periodo di diagnosticata inabilità.

Le giuste motivazioni della Corte di Appello

Ci si trova, pertanto, in una valutazione sulle risultanze delle prove come nella scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, che riguarda apprezzamenti di fatto riservati al Giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti.

La giusta causa di licenziamento, quale fatto “che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”, è una nozione di limitato contenuto, delineante un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama.

Ciò posto, la Cassazione condivide l’assunto della Corte territoriale. Infatti i giudici di appello, proprio sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, hanno ritenuto irrilevante, per la sua inconsistenza, la condotta posta in essere dal lavoratore in relazione all’addebito di avere pregiudicato e/o ritardato la guarigione ed il rientro in servizio: eventi che non erano stati peraltro dimostrati.

Avv. Emanuela Foligno

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