Incidente mortale, escluso il danno da perdita della vita

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Il 31/5/2003, secondo la prospettazione degli attori, il responsabile, alla guida di una Fiat Panda su una strada stretta, delimitata da muretti su entrambi i lati e con visibilità ridotta, nell’affrontare una curva destrorsa a velocità non inferiore a 50 km/h si scontrava a centro strada con il motociclo condotto dalla vittima, sul quale si trovava trasportato il fratello minorenne, proveniente dall’opposta direzione.

Il Tribunale di Firenze, accertata la responsabilità della Fiat Panda nella misura del 75% nella causazione del sinistro ed applicata la riduzione per il concorso colposo del motociclista, condannava i convenuti al pagamento: di 703.280,61 euro in favore del trasportato, di 243.575,64 euro in favore della madre della vittima e di oltre 360.000 euro in favore degli altri due congiunti della vittima.

Il primo Giudice escludeva la risarcibilità:

  • a) iure hereditatis tanto del danno da perdita della vita, perché il motociclista era deceduto sul colpo (entro quattro ore dai fatti e non aveva mai ripreso conoscenza rimanendo in stato comatoso), quanto del danno morale per il breve lasso di tempo tra l’evento ed il decesso in assenza di lucidità.
  • b) Del danno patrimoniale patito dal nucleo familiare in assenza di prova del sostegno economico fornito dalla vittima.

La Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, condannava in solido gli appellati al pagamento in favore degli appellanti di 11.250 euro a titolo di danno terminale spettante iure hereditatis, oltre 5.810 euro a titolo di spese funerarie.

La Corte è pervenuta alla sua decisione sulla base considerando che dagli elementi istruttori emergeva che il motociclista dopo il sinistro “ebbe per alcune ore un lucido stato di agonia”, era spettante il danno terminale in base alla tabella del Tribunale di Milano (anno 2018), previa applicazione della riduzione del 25% per il rilevato concorso di colpa.

Il ricorso in Cassazione

La vicenda approda in Cassazione dove i congiunti della vittima lamentano che, avendo ritenuto determinante ai fini del riparto della responsabilità l’assenza di tracce di frenata del ciclomotore, la Corte d’Appello avrebbe omesso di prendere in esame le fotografie allegate al rapporto di incidente e, conseguentemente, di valutare lo stato dei luoghi in punto avvistabilità da parte del conducente del ciclomotore della vettura antagonista.
E di valutare la manovra che quest’ultimo aveva dovuto compiere (nella specie, “il conducente del ciclomotore aveva dovuto necessariamente compiere per immettersi in modo corretto, sotto il profilo della tecnica di guida, nella curva, sinistrorsa, rispetto alla sua direzione di marcia, ovvero spostarsi dapprima sul margine destro, prima di immettersi in curva, per poter così, in base alla legge della fisica, tracciare una traiettoria che mantenesse il mezzo nella propria corsia di marcia, non violando, in entrambe le fattispecie, alcun precetto del codice della strada…”). Tale omessa valutazione avrebbe indotto il giudice di secondo grado ad una erronea ripartizione dell’apporto causale del conducente del ciclomotore.

Inammissibilità del ricorso

La doglianza viene considerata inammissibile (Cassazione civile, sez. III, 05/09/2024, n.23943) ai sensi dell’art. 348-ter, comma quinto, cpc in quanto, in caso di una doppia pronuncia conforme sulla base delle stesse ragioni inerenti alla questione di fatto oggetto di censura non è ammesso il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 cpc.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha confermato la decisione di primo grado in ordine al concorso, ed al relativo frazionamento, di responsabilità dei conducenti dei mezzi sulla base delle stesse ragioni. I ricorrenti non hanno dimostrato la diversità delle ragioni esposte nelle due sentenze.

Inoltre, la doglianza verte sull’asserito omesso esame delle fotografie allegate al rapporto di incidente e, conseguentemente, sull’omessa valutazione dello stato dei luoghi in punto avvistabilità da parte del conducente del ciclomotore della vettura antagonista e della manovra che quest’ultimo aveva dovuto compiere, è anch’essa inammissibile perché la S.C. non coglie alcun riferimento alle non meglio individuate fotografie.

Al riguardo la Cassazione dà atto che “resta oscura” la localizzazione sia nel giudizio di merito, sia nel giudizio di legittimità, della produzione delle fotografie, atteso che all’inizio dell’illustrazione si parla solo di fotografie “prodotte con 1 allegato 2 del ricorso introduttivo”.

La mancata dimostrazione della condotta di guida del motociclista

Ad ogni modo, i Giudici di appello hanno dato rilievo alla mancanza di dimostrazione del fatto che la condotta di guida del conducente del motoveicolo fosse stata tale da conformarsi alle regole del codice della strada e, dunque, idonea ad essere apprezzata come tale da superare la presunzione di corresponsabilità.

Infatti, la Corte d’Appello ha confermato il riconosciuto apporto concorsuale da parte dei due conducenti dei mezzi coinvolti nel sinistro, dato il rilievo che anche il motociclista non si fosse pienamente conformato alle norme in tema di circolazione per non aver osservato la stretta destra nell’affrontare la curva per lui volgente a sinistra. Ciò che rileva comunque è la mancata dimostrazione del fatto che la condotta di guida del conducente del motoveicolo fosse stata tale da conformarsi alle regole del codice della strada e, dunque, idonea ad essere apprezzata come tale da superare la presunzione di corresponsabilità.

Conclusivamente la S.C. cassa la sentenza impugnata solo relativamente alla statuizione resa sulle spese del giudizio di primo grado e decidendo nel merito, conferma la statuizione del primo giudice su di esse.

Avv. Emanuela Foligno

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