Disturbo psichico e circonvenzione di incapace (Cass. pen., sez. VI, dep. 19 aprile 2023, n. 16678).

La Suprema Corte conferma la condanna per i maltrattamenti subiti da una donna affetta da disturbo psichico. Confermato, inoltre, il reato di circonvenzione di incapace compiuto ai danni della stessa costretta a vivere in pessime, nonostante l’importo di 1.000 euro mensili destinati al suo mantenimento.

La Corte di appello di Caltanissetta confermava la condanna del primo grado per circonvenzione di incapace (art. 643 cod. pen.), per avere, abusando dello stato di disturbo psichico della persona offesa,  indotto quest’ultima a compiere più atti patrimoniali (riscuotendo e consegnando in più soluzioni somme di denaro ed attribuendo ai due imputati la disponibilità esclusiva della casa di proprietà, successivamente posta in locazione per un corrispettivo da costoro interamente incamerato.  Confermava, altresì, la condanna per maltrattamenti in famiglia (art. 572 cod. pen.), per avere inflitto alla persona offesa violenze fisiche e verbali e continui atti vessatori.

Gli imputati ricorrono in Cassazione deducendo violazione della legge penale per vizio di motivazione; manifesta illogicità nella valutazione della prova; violazione della legge penale processuale per mancata assunzione di una prova decisiva di cui la parte aveva fatto richiesta. Secondo la tesi dei ricorrenti, in violazione del diritto di difesa, sarebbe stata sottratta la possibilità di confrontarsi in dibattimento con la persona offesa, nonostante rituale richiesta. Ammesso tale mezzo istruttorio, il Giudice di primo grado revocava tuttavia il teste, nonostante la persona offesa fosse affetta da un lieve deficit psichico e quindi in grado di rendere la deposizione. Quanto alla oggettiva riconoscibilità del disturbo psichico della persona offesa, i ricorrenti evidenziano che i Medici psichiatri avevano accertato soltanto “un disturbo psichico lieve” che, in quanto tale, non le impediva di badare a se stessa e di difendersi dalle insidie esterne, come la stessa ha dimostrato di saper fare nel tempo, salvaguardando il proprio patrimonio immobiliare.

Le censure vengono considerate inammissibili.

La Corte d’appello ha correttamente argomentato come l’audizione della persona offesa dovesse essere svolta con le modalità richieste dalla legge in considerazione della condizione di vulnerabilità della stessa, e che l’anticipata acquisizione della prova realizzatasi con l’incidente probatorio ne comporta l’utilizzabilità in sede dibattimentale, senza alcun bisogno di procedere alla sua rinnovazione.

Ed ancora, le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che deve, in tal caso, essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.

Ebbene, a tale insegnamento si è attenuta la Corte territoriale, che ha specificato come le circostanze riferite dalla persona offesa siano state tutte riscontrate. Oltre alle suddette testimonianze è stata considerata la circostanza che le condizioni di vita della parte civile, in un contesto privo di igiene e di cura, erano risultate anche dagli accertamenti delle forze dell’ordine e confermate anche dagli operatori del Servizio Sociale, nonché dalle deposizioni di diversi soggetti, quali il direttore dell’ufficio postale e il conduttore dell’immobile di proprietà della parte civile, che confermarono l’atteggiamento di sottoposizione della persona offesa nei confronti dei due imputati.

In tale grave contesto non risulta dirimente, sottolineano gli Ermellini, la circostanza che il Medico di base della persona offesa non si poté avvedere di lividi ed escoriazioni, visto che le modalità di gestione degli spostamenti della donna erano controllate proprio dagli imputati. Difatti, la prima volta che la persona offesa si recava da sola presso il Medico di base, gli confidava dei maltrattamenti ricevuti.

Infine, decisamente respinte le censure sulla configurabilità del delitto di circonvenzione ai danni della p.o. «le cui condizioni di fragilità psichica sono state accertate con verifica peritale e sono confermate dalla circostanza che in epoca precedente ella viveva in una struttura adatta».

Conclusivamente i ricorsi degli imputati vengono dichiarati inammissibili, con condanna alle spese di lite e al pagamento in favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Emanuela Foligno

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