Durata effettiva della vita e calcolo del danno biologico

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Durata effettiva della vita e calcolo del danno biologico

Durata effettiva della vita e calcolo del danno biologico (Cass. civ., sez. III, 9 novembre 2022, n. 32916).

Durata effettiva della vita, o probabilistica, da parametrare ai fini del calcolo del danno biologico.

“Il principio secondo il quale l’ammontare del danno biologico spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non già a quella probabile, in quanto la durata della vita futura in tal caso non costituisce più un valore ancorato alla mera probabilità statistica ma è un dato noto, si applica solo nel caso in cui la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita a seguito dell’illecito, non anche quando la morte sia stata dallo stesso direttamente cagionata.”

Il Ministero della Sanità veniva condannato dai Giudici di appello al pagamento dei danni subiti dagli eredi di una paziente affetta da epatocarcinoma provocato dal virus HCV contratto a seguito di emotrasfusione.

Il Ministero impugna la decisione in Cassazione lamentando che nella determinazione del danno non patrimoniale i Giudici di merito avrebbero dovuto detrarre quella che la vittima avrebbe percepito nel periodo di vita stimato in più, non limitandosi quindi a detrarre quella percepita fino all’epoca del decesso, ma anche quella ulteriore che avrebbe percepito sino all’epoca di stimata vita media, cioè i ratei futuri non ancora percepiti.

Le censure non colgono nel segno.

“L’’ammontare del danno biologico spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non già a quella probabile, in quanto la durata della vita futura in tal caso non costituisce più un valore ancorato alla mera probabilità statistica ma è un dato noto (da ultima, Cass. civ. n. 41933/2021) ne afferma la sua applicazione solo nei casi in cui la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza all’illecito, e non anche allorquando, come nel caso in esame, la morte sia stata direttamente causata dall’illecito. È consentito, al contrario, parametrare il risarcimento del danno biologico alla durata di vita probabile e non effettiva quando la morte della persona offesa sia dipesa da causa diversa dalla menomazione derivante dall’illecito.”

La Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento del gravame in via principale interposto dalla Regione Campania nonché in parziale accoglimento di quello in via incidentale spiegato dagli eredi della paziente deceduta, e in conseguente parziale riforma della pronunzia del Tribunale di Napoli, ha rigettato la domanda da questi ultimi proposta nei confronti della prima nonché della Gestione liquidatoria ex Usl Napoli, e ha condannato il Ministero al pagamento del risarcimento dei danni subiti  in conseguenza del decesso dovuto ad epatocarcinoma a sua volta cagionato da epatite C contratta all’esito di emotrasfusioni praticate durante il ricovero dal 17/6/1987 al 3/7/1987.

Con il 1 motivo il Ministero deduce che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto essere stata data dalla Regione Campania la “prova liberatoria della responsabilità contrattuale ascritta alla struttura ospedaliera sulla sola base della provenienza della sacca di sangue utilizzata dall’Avis e della sufficienza dei controlli solo dalla medesima effettuati, laddove anche in tal caso residuava la responsabilità contrattuale per non avere la struttura allo stato della normativa vigente comunque assicurato la tracciabilità del sangue dal donatore, e comunque per non avere proceduto direttamente ai controlli sul sangue pervenutole dall’Avis”.

Con il secondo motivo si duole che la Corte di merito abbia “rideterminato il danno non patrimoniale iure hereditatis” senza limitare la corresponsione alla durata effettiva della vita della vittima primaria e senza scomputare “per intero”, e cioè con riferimento “anche ai ratei futuri non ancora percepiti”, l’indennizzo ex L. n. 210 del 1992.

Per quanto qui di interesse, con riferimento alla seconda censura, la Suprema Corte osserva che il principio secondo cui l’ammontare del danno biologico spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non già a quella probabile, in quanto la durata della vita futura in tal caso non costituisce più un valore ancorato alla mera probabilità statistica ma è un dato noto (v. Cass., 29/12/2021, n. 41933; Cass., 26/5/2016, n. 10897; Cass., 18/1/2016, n. 679).

Invero, il principio della durata probabile della vita si applica solo nel caso in cui la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell’illecito, e non anche quando la morte sia stata direttamente cagionata dall’illecito. Trova in tal caso applicazione il principio in base al quale la menomazione non reversibile dell’integrità della persona (idonea, cioè, ad incidere stabilmente e continuativamente sull’esplicazione della personalità lungo il presumibile arco della vita futura del soggetto che la patisce) presuppone che la persona sopravviva almeno temporaneamente al fatto lesivo e, presentandosi con i connotati del danno permanente, va risarcita con le corrispondenti tecniche di valutazione probabilistica (v. Cass., 11/7/2003, n. 10942; Cass., 25/2/2002, n. 2741; Cass., 7/4/1998, n. 3561; Cass., 2/3/1995, n. 2450).

I principi delineati sono stati correttamente applicati dalla Corte d’Appello di Napoli laddove  ha affermato “non essere applicabile il principio in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da liquidare in favore degli eredi secondo cui qualora al momento della liquidazione del danno biologico la persona offesa sia deceduta per una causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell’illecito, alla valutazione probabilistica va sostituita quella del concreto danno effettivamente prodottosi e richiesto dagli eredi iure successionis, in quanto la morte della persona sopravvenuta prima della liquidazione del risarcimento rende misurabile e rapportabile alla durata della vita successiva alla menomazione l’incidenza negativa da questa arrecata”.

In altri termini, nel caso concreto, la liquidazione del concreto danno effettivamente verificatosi, in luogo della relativa valutazione probabilistica, non è possibile perché la morte è stata attribuita dal CTU all’epatocarcinoma, a sua volta derivante dall’HCV contratta con la trasfusione.

Pertanto, i Giudici di appello hanno correttamente eliminato “la decurtazione” al riguardo a tale titolo apportata dal Giudice di prime cure.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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