La Cassazione ribadisce che l’efficacia probatoria della perizia non è vincolante nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato. Il suo valore rimane indiziario e la decisione finale spetta al giudice di merito, che può valorizzarla o meno purché fornisca motivazioni adeguate (Cassazione civile, sez. III, 21/06/2024, n.17250).
La dinamica dei fatti
Il 24 aprile 2011 si è verificato un incidente stradale causato, secondo le ricostruzioni, dalla condotta colposa del conducente di un’autovettura, il quale ha perso il controllo del mezzo. A seguito del sinistro, due passeggeri che si trovavano a bordo dell’auto hanno riportato dei danni. Le due persone trasportate hanno quindi deciso di agire in giudizio davanti al Tribunale di Fermo, citando in causa la compagnia assicurativa del veicolo. Con l’atto di citazione hanno chiesto la condanna dell’assicurazione al risarcimento dei danni da loro subiti, in quanto l’autovettura era coperta da polizza per la responsabilità civile automobilistica (R.C.A.) con la compagnia convenuta.
La vicenda giudiziaria
Il Giudice (sent. 795/2013) condanna l’assicurazione al pagamento in favore della trasportata B.R. della somma di 138.241,71 euro, detratto l’acconto di 71.000 euro versato in corso di causa ed oltre al risarcimento del danno da lucro cessante e agli interessi. In favore della trasportata C.M. della somma di 116.566,71 euro, detratto l’acconto di 52.500 euro versato in corso di causa ed oltre al risarcimento del danno da lucro cessante e agli interessi.
Successivamente (sent. 491/2020) la Corte di Ancona, disattesa la tesi difensiva dell’ascrivibilità dell’evento a malore del conducente (che, secondo l’appellante, avrebbe potuto essere dimostrato dall’acquisizione della cartella clinica relativa al ricovero dello stesso in ospedale, oggetto di reiterata, ma rigettata, richiesta di ordine di esibizione ex art. 210 cpc), ha riconosciuto il concorso del fatto colposo delle danneggiate per il mancato uso delle cinture di sicurezza nella misura del 25% ed ha accolto l’appello anche in punto di stima dei postumi invalidanti a carico della C.M. (per mero errore quantificati dal primo giudice nella misura del 22% anziché del 20% come indicato dal CTU).
Secondo le danneggiate, oltre a motivazione illogica e contraddittoria, la Corte avrebbe errato nel ritenere accertata dal CTP dell’assicurazione la asserita e non dimostrata dichiarazione ricevuta da esse istanti circa il non utilizzo delle cinture di sicurezza, e che ciò integrasse una confessione stragiudiziale fatta ad un terzo. Tali dichiarazioni, non sono state provate in alcun modo, né documentalmente, né a mezzo prova testimoniale, neppure escutendo quale teste il consulente di parte.
L’intervento della Cassazione
Sempre secondo le ricorrenti, la prova del mancato uso delle cinture di sicurezza non poteva trarsi da quanto in proposito riferito nella CTP, rilevano che tale prova non poteva trarsi nemmeno dalla relazione del CTU laddove si afferma, nel passo citato in sentenza, che “… oltre alla violenza dell’urto si è avuto il cappottamento dell’autovettura che rende particolarmente difficile stabilire la compatibilità delle lesioni con l’utilizzo delle cinture perché a seguito del cappottamento l’urto sarebbe potuto accadere con qualsiasi parte dell’autovettura oltre che con altri passeggeri”.
Criticano in proposito l’argomento svolto in sentenza secondo cui “in considerazione della dinamica dell’incidente – caratterizzata, secondo quanto riferito dalla Polstrada di San Benedetto del Tronto nel rapporto alla Procura della Repubblica di Fermo…, da un primo impatto dell’autovettura contro muretto di recinzione , avvenuto senza che la velocità del mezzo fosse ridotta dall’azione frenante da parte del conducente, dal successivo abbattimento prima di segnaletica stradale e successivamente di cabina telefonica Telecom e dal solo finale capovolgimento, non cappottamento, con urto contro la cuspide del guard-rail.
Il mancato uso delle cinture di sicurezza da parte delle trasportate sul sedile posteriore, sig.re B.R. e C.M. ha aggravato le conseguenze dell’impatto dato che l’utilizzo del mezzo contenitivo cinture di sicurezza, che assolve la propria funzione ancorando il bacino ed il tronco al sedile, ne avrebbe ridotto lo spostamento da questo ed avrebbe reso meno violento l’impatto dei corpi con le parti dell’abitacolo e, di conseguenza, si sarebbero verificate lesioni meno gravi”.
L’efficacia probatoria della perizia
La S.C. deduce che la perizia giurata depositata da una parte non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato. Alla perizia di parte può solo riconoscersi valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del Giudice di merito ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto.
Secondo tale principio, dunque, se, da un lato, il Giudice di merito non è obbligato a tenerne conto (ma se non lo fa ha tuttavia il dovere di prendere in considerazione la richiesta di prova testimoniale dedotta dalla parte per sulle circostanze accertate dal consulente), dall’altro, non gli è però nemmeno impedito di prenderlo in considerazione e poggiare su di esso anche il proprio ragionamento probatorio, secondo valutazione discrezionale non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata.
Per tal motivo il Giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, fornendo adeguata motivazione della relativa utilizzazione, senza che rilevi la divergenza delle regole, proprie di quel procedimento, relative all’ammissione e all’assunzione della prova.
La decisione della Corte di Appello fornisce adeguata motivazione della ritenuta valenza probatoria della consulenza di parte laddove riferisce circa le dichiarazioni ricevute dalle danneggiate. La Corte infatti evidenzia che, sulla base di tale emergenza, anche il Giudice di primo grado aveva ritenuto provata la circostanza del mancato uso delle cinture, giungendo però alla diversa conclusione della sua irrilevanza nella causazione delle lesioni.
Avv. Emanuela Foligno