Presentati, in occasione del Congresso nazionale dell’Associazione Medici Endocrinologi, i risultati di un sondaggio a cui hanno aderito 790 specialisti, tra liberi professionisti, ambulatoriali e ospedalieri

Esaurimento emotivo, depersonalizzazione, scarsa realizzazione professionale. Sono i sintomi del burnout, la ‘bruciatura’ professionale di cui soffrono sempre più gli operatori della Sanità. Ad esserne colpiti, sono soprattutto i giovani e gli endocrinologi in ambito ospedaliero, con le donne lievemente più sensibili al fenomeno. E’ quanto rileva la prima indagine italiana di categoria realizzata dall’Associazione Medici Endocrinologi (AME), diffusa in occasione del 18° Congresso nazionale a Roma. 

L’endocrinologo ospedaliero seguito dall’ambulatoriale, risulta essere il camice bianco con il più alto livello di esaurimento, cioè si sente emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro e prova un inaridimento di sentimenti nel rapporto con gli altri. Per quanto riguarda la realizzazione personale, questa risulta maggiore nei liberi professionisti, al secondo posto i medici che lavorano in ambulatorio, mentre i meno realizzati sono i medici ospedalieri. Maglia nera per gli ospedalieri pure per la depersonalizzazione, sintomo che si manifesta con un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto nei confronti dei pazienti.

Il questionario è stato sottoposto ai medici Ame a settembre 2019.

“Nell’arco di un mese – fa sapere l’Associazione – l’adesione, su base volontaria, è stata sorprendente”. Su 1290 medici, infatti, hanno risposto in 790. “Questo – spiega Simonetta Marucci, endocrinologa e coordinatrice del sondaggio – è un segno evidente che il problema è ampiamente sentito tra i colleghi ma è ampiamente sottovalutato”. Il rischio di burnout, peraltro, è associato ad un maggiore errore medico, con conseguenze negative anche per i pazienti.

L’indagine, di tipo qualitativo e su base anonima, è consistita nell’invio di un elenco di affermazioni ( es. “Lavorare direttamente a contatto con la gente mi crea troppa tensione”) volte ad indagare la percezione dell’attività lavorativa, alle quali i professionisti sono stati chiamati a dare una valutazione da 0 (mai) a 6 (ogni giorno).

“Secondo il presidente AME Edoardo Guastamacchia, questi dati sono significativi perché, oltre a fotografare la realtà, possono essere confrontati con altri tipi di indagini, per approfondire e capire le cause e le proporzioni del fenomeno e, conseguentemente, proporre una strategia d’azione per ridurre il fenomeno di burnout.

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