Il Tribunale di Monza condanna il chirurgo per la morte della paziente avvenuta il 09/5/2017 nel corso di intervento di ernioplastica crurale con posizionamento di plug. La Corte di Appello ha rideterminato la pena riconoscendo le attenuanti generiche, salvo il resto.
La vicenda
Il chirurgo è stato imputato perché avrebbe, per negligenza, imprudenza e imperizia e per violazione delle regole della scienza ed esperienza medica del settore, contravvenendo altresì alle linee guida in materia, in assenza di altro operatore chirurgico, eseguito l’intervento chirurgico di ernioplastica crurale, senza previamente verificare lo stato del viscere erniato e la sua resezione, ove necessaria.
In particolare, omettendo di effettuare manovre incisionali o laparoscopiche per controllare lo stato di trofismo del viscere erniato, nonostante l’ecotomografia addominale eseguita qualche ora prima dell’intervento di ernioplastica crurale avesse con chiarezza indicato, tra l’altro, un’iniziale sofferenza ischemica, l’impegno di un’ansa intestinale all’interno del sacco erniario, l’assenza di movimenti peristaltici e le dimensioni pericolosamente ridotte della porta erniata; condotte tutte alle quali è stato collegato, nel capo d’imputazione, “shock settico, con necrosi e perforazione con peritonite acuta diffusa dovuta al versamento intra-peritoneale del contenuto enterico e una grave ipo-perfusione ematica dei visceri, causa di grave sofferenza ischemica e del conseguito decesso della paziente”.
La Corte d’Appello
I Giudici di Appello danno atto che l’esame ecografico aveva restituito un referto che, secondo le conclusioni di tutti i Consulenti, rendeva doverosa l’esplorazione chirurgica per indagare sulla sussistenza di quanto refertato quale possibile diagnosi, ciò che il chirurgo non aveva fatto.
Quanto, poi, alla manovra esplorativa che l’imputato asserisce essere stata eseguita, la Corte d’appello ha spiegato perché, alla stregua delle evidenze raccolte, ciò era invece escluso. Le dichiarazioni testimoniali e le risultanze documentali non confermavano che l’imputato avesse effettuato quella esplorazione, punto sul quale anche il primo Giudice si era a lungo soffermato: gli operatori sanitari presenti in sala operatoria non avevano riferito nulla in ordine a tale “manovra”. Essa, per le sue modalità esecutive, sarebbe stata certamente notata e avrebbe richiesto l’intervento di terzi, anche al fine di scongiurare la contaminazione del chirurgo; non era stata fornita alcuna notizia in ordine al tampone che avrebbe dovuto essere impiegato; nulla era stato annotato sul diario operatorio e sulla cartella clinica.
Le linee guida
Per quanto riguarda le linee guida, il Tribunale aveva richiamato i pareri dei Consulenti del PM e delle parti, e condiviso le conclusioni del consulente del PM (coerenti con quelle del consulente delle parti civili), ritenendo l’omessa esplorazione assolutamente obbligatoria atteso che, solo in quel modo, si sarebbe potuto verificare lo stato di sofferenza ischemica e accertare la necessità di una resezione del tratto intestinale interessato con rimozione dello strozzamento. Di contro, aveva ritenuto non condivisibili le risultanze del Consulente a difesa, che si basavano sulla presunta incertezza del referto ecografico e sulla non necessità assoluta dell’esplorazione, essendosi altresì opposta l’inesistenza di linee guida per il chirurgo che si trovi a fronteggiare un’ernia incarcerata in sala operatoria, anche tenuto conto dell’effetto rilassante dovuto alla somministrazione dell’anestesia.
Infine, riguardo la fase post operatoria, la Corte territoriale ha escluso che il decesso del paziente fosse stato conseguenza di un’inerzia degli altri sanitari, in quanto al chirurgo imputato è stato contestato anche di non avere trasmesso a costoro le informazioni inerenti al necessario monitoraggio, a fronte di superficiale e incompleto approfondimento sullo stato del tratto erniato in corso di intervento e di non avere, come era suo specifico obbligo, rivalutato il quadro della paziente in prima persona nelle ore successive all’intervento di ernioplastica crurale.
Proprio riguardo la valutazione del grado della colpa, i Giudici di Appello, rinviando alle osservazioni del primo Giudice – che dava atto dello strozzamento dell’ernia –, avevano rappresentato un rischio principale e fondamentale. Oltre a ciò è stato anche valutato che l’intervento chirurgico di ernioplastica crurale era routinario e che la situazione patologica era facilmente diagnosticabile, donde l’elevato grado della inescusabilità della condotta.
Il vaglio della Corte di Cassazione
Il Chirurgo ricorre in Cassazione, ma le sue doglianze risultano totalmente infondate (Cassazione Penale, sez. IV, 20/03/2024, n.11576).
Innanzitutto la decisione di Appello, in punto di responsabilità è conforme a quella di primo grado. Il vizio di travisamento della prova (con riferimento alle manovre esplorative pre operatorie), in caso di doppia conforme, sussiste sia nell’ipotesi in cui il Giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati in primo grado, sia quando entrambi i Giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti.
In definitiva, sono estranei al giudizio della Cassazione la valutazione e l’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito, perché sottintendono una rivalutazione del risultato probatorio, secondo diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Infine, con riferimento al trattamento sanzionatorio, il Giudice d’appello, correttamente, in accoglimento della relativa richiesta dell’appellante, ha rimodulato la pena, valutando il parziale risarcimento come ridondante sul giudizio di meritevolezza delle generiche.
In altri termini, attraverso il riconoscimento del beneficio invocato, la Corte di appello ha in concreto adeguato il trattamento sanzionatorio al caso concreto, considerato il sopravvenuto, parziale risarcimento del danno agli eredi della persona offesa.
Avv. Emanuela Foligno