L’errata diagnosi di marginali aspetti di carcinoma infiltrante e l’intervento al quadrante della mammella e lo svuotamento ascellare causano alla paziente paresi all’arto superiore dx iatrogena (Tribunale di Perugia, Sez. I, Sentenza n. 829/2021 del 27/05/2021 -RG n. 1943/2016 – Repert. n. 1869/2021 del 27/05/2021)

La paziente cita a giudizio dinanzi al Tribunale di Perugia l’Azienda Ospedaliera cittadina e l’Istituto dei Tumori di Napoli chiedendone la condanna al risarcimento dei danni di natura non patrimoniale subiti a causa di condotte incongrue dei sanitari delle strutture convenute. A sostegno della domanda deduce che nel gennaio del 2010 all’esito di mammografia ed ecografia eseguite presso l’Ospedale di Castiglione del Lago, le è stata riscontrata la presenza di ” …nodulo nel quadrante supero- esterno-destro, addensamento ghiandolare a margini irregolari…formazione ipoecogena irregolare di diametro compreso tra 36 mm e 40 mm.”; è stata quindi sottoposta, presso l’Azienda Ospedaliera di Perugia, a prelievo bioptico con agoaspirato ed esame istologico che hanno messo in luce la presenza di quadro infiammatorio con sospetto carcinoma infiltrante ed atipie cellulari per il quale è stato indicato intervento chirurgico, in particolare nel referto del 2.2.2010 si è evidenziato “Esame macroscopico: nodulo ipoecogeno a margini irregolari 40 mm. di diametro. Diagnosi microscopica: 1. Fibrosi adenosi. Marginali aspetti sospetti per carcinoma infiltrante. 2. Tappeto di neutrofili inglobanti elementi cellulari marcatamente atipici ( C4) . .. Si richiede visita istologica.”.

Alla luce di tale refertazione, dopo aver eseguito ulteriori esami strumentali, il 22.2.2010, si è sottoposta, presso l’Istituto di Napoli, ad intervento di quadrantectomia e sampling ascellare. Ha lamentato l’erronea diagnosi posta dai sanitari dell’Azienda di Perugia ( che ha determinato poi l’intervento chirurgico eseguito a Napoli) essendo, invece, emerso, da una rilettura dei preparati cito-istologici da parte di medico di fiducia e dagli esami istologici eseguiti su “parte” dell’organo asportato nel corso dell’intervento chirurgico, la totale benignità del nodulo mammario, rivelatosi una mera mastite con flogosi su base infettiva.

L’intervento di sampling ascellare eseguito a Napoli, oltre a non essere giustificato (neanche alla luce dell’errata diagnosi dei medici perugini) e non oggetto di consenso informato, è stato eseguito in modo scorretto, causandole rilevanti danni all’integrità psico– fisica. L’omessa verifica, da parte dei sanitari dell’Istituto, dell’esame degli esiti dei preparati citologici che avrebbe consentito di riscontrare l’errore diagnostico commesso a Perugia.

In conseguenza degli interventi chirurgici (non necessari) ha riportato postumi permanenti per i quali le è stata anche riconosciuta invalidità civile al 60%, (poi aumentata all’80%) con diagnosi di “paresi arto superiore dx iatrogena, asma bronchiale, sindrome depressiva endoreattiva lieve” e, comunque, un danno permanente di natura biologica valutabile in misura pari al 40%.

La causa viene istruita attraverso l’acquisizione della documentazione sanitaria e CTU Medico-Legale.

La vertenza risulta instaurata nel 2016 e la vicenda è relativa a fatti e situazioni attualmente esistenti, quali i danni e le invalidità lamentate dalla paziente che non possono, in alcun modo, prescindere dall’osservazione e dalla considerazione dei fatti che li hanno generati.

Ciò posto, il Tribunale passa in rassegna la natura della responsabilità gravante sulla Struttura Sanitaria e sui relativi oneri probatori delle parti.

Dalla documentazione prodotta e dalla CTU espletata – le cui valutazioni e conclusioni vengono integralmente condivise dal Giudicante – , la vicenda clinica dell’attrice viene ripercorsa:

“all’epoca dei fatti di anni 36, coniugata e con due figlie, a seguito di riscontro occasionale alla palpazione di un nodulo alla mammella di destra, nel gennaio 2010 , è stata visitata da sanitario dell’ASL di Perugia e sottoposta, su sua richiesta, a mammografia ed ecografia che hanno evidenziato ” Mammografia: addensamento ghiandolare a margini irregolari nel quadrante supero esterno destro. Ecografia: formazione ipoecogena irregolare in corrispondenza del reperto clinico di diametro compreso tra 36 e 40 mm; nell’ascella destra linfonodo di 14 mm ap parentemente non sospetto. Necessaria ago biopsia a destra” . In data 21.1.2010 sono stati eseguiti ago biopsia e core biopy al QSE della mammella destra, così refertati in data 2.2.2010 : ” Esame macroscopico: nodulo ipoecogeno a margini irregolari 40 mm d i diametro. Diagnosi microscopica: 1) fibrosi, adenosi. Marginali aspetti sospetti per carcinoma infiltrante. 2) Tappeto di neutrofili inglobanti elementi cellulari marcatamente atipici (C4) carcinoma in atto. N.B. Si richiede verifica istologica ” . In se de di svolgimento della CTU l’attrice ha riferito che i sanitari del nosocomio perugino hanno formulato, oralmente, indicazione per asportazione chirurgica del nodulo chiarendo però, che per finalità diagnostiche era necessario procedere prima ad ulte riore biopsia ( la verifica istologica di cui è espressa menzione nel referto). Successivamente alla refertazione riportata la donna non ha svolto ulteriori approfondimenti o trattamenti presso l’Ospedale di Perugia e si è rivolta all’Istituto di Napoli.”

“E’ escluso che i sanitari di Perugia abbiano commesso errori nella refertazione dell’ago biopsia e del core biopy al QSE della mammella destra limitandosi a riscontrare il “sospetto” di carcinoma infiltrante – giustificato dagli esiti degli esami – ed a consigliare correttamente approfondimenti istologici diretti proprio a confermare o meno il sospetto di neoplasia. Sulla base di tali reperti può affermarsi che era certa la presenza di flogosi e di cellule che presentavano atipie nucleari; substrato anatomopatologico che imponeva, come correttamente prospettato dai sanitari di Perugia, una verifica istologica prima di procedere ad atti chirurgici demolitivi. Più specificamente, facendo il punto di quello che era il percorso diagnostico all’epoca, gli accertamenti della diagnostica per immagini evidenziavano addensamento ghiandolare a margini irregolari e suggerivano pertanto ago biopsia per approfondimento citomicroistologico; l’istologia del core biopsy analizzata dai sanitari dell’azienda di Perugia parla di ” elementi cellulari marcatamente atipici “; sospetto circa la presenza di processo neoplastico, stante la presenza di atipie nucleari, che viene confermato anche alla rilettura dei vetrini effettuata dal mio ausiliario e che imponeva un approfondimento istologico, come prospettato dalle linee guida F.O.N.Ca.M. 1(edizione del 2003 poi aggiornata nel 2011) ogni volta che non esiste un istologia certa” . Non vi è stata, dunque, diversamente da quanto sostenuto dall’attrice la formulazione di una diagnosi ” certa” di neoplasia con indicazione diretta ad intervento chirurgico ma è stato formulato , correttamente sulla base degli esiti degli esami svolti, il sospetto di neoplasia con espressa indicazione ad approfondimenti citologici sicché deve escludersi la sussistenza di qualsivoglia nesso causale “diretto” tra la refertazione, espressa in termini di ” sospetto” e con indicazione prudenziale di necessari approfondimenti e gli interventi chirurgici ai quali l’attrice è stata poi sottoposta presso l’Istituto di Napoli e una condotta dei sanitari perugini qualificabile in termini di negligenza, imprudenza o imperizia”.

Inoltre, il CTU ha osservato, nella risposta alle valutazioni del CTP di parte attrice fondate sulla diversa terminologia utilizzata dall’ausiliario del CTU nella rilettura dei reperti citologici “i sanitari di Perugia ponevano il “sospetto ” della presenza di un carcinoma infiltrante, pronunciandosi poi per ” elementi cellulari marcatamente atipici ” ed aggiungendo solo dopo, a mano con penna, la dizione ” carcinoma in atto “; non sappiamo chi ha fatto detta aggiunta, ma la stessa modalità di compilazione del referto sta ad indicare la difficoltà dell’esatta interpretazione del preparato anatomopatologico, stante la indiscutibile presenza di ” atipie cellulari ” evidenziate anche dal mio ausiliario anatomopatologo. In altri termini trattasi di diverse modalità di interpretazione e descrizione di un preparato istologico che risultano sostanzialmente prive di qualsivoglia valenza ai fini del percorso diagnostico da impostare; ciò in quanto vi è assoluta convergenza di orientamento da parte di tutti gli anatomopatologi circa la necessità di procedere ad una verifica istologica”.

“In sostanza, la presenza di atipie cellulari dagli esami eseguiti giustificano il sospetto di possibile neoplasia e la necessità di ulteriori approfondimenti di natura citologica, non eseguiti per ragioni alle quali è estranea l’azienda sanitaria di Perugia citata in giudizio”.

L’attrice, dopo aver ricevuto il referto dei sanitari perugini con l’indicazione all’approfondimento diagnostico, si è rivolta all’Istituto dei Tumori di Napoli dove non sono stati svolti ulteriori accertamenti preliminari di natura istologica.

Ivi veniva ricoverata il 22.2.2010, sottoposta il giorno successivo a scintigrafia ossea e articolare; il 24 febbraio a RM mammella bilaterale che ha evidenziato, nella refertazione, “… a destra, in sovra equatoriale-paramediana esterna, a cm 1,2 dal pettorale, si rileva grossolana formazione espansiva che presenta nucleo centrale di cm. 1,7 che mostra ring di enhancement periferico e necrosi centrale, cui si associano due nuclei subcentimentrici lateralmente ed inferiormente ad essa. I margini sono irregolari e con fini digitazioni raggiungono il pettorale e la cute antero-lateralmente ove si evidenzia nucleo centimetrino a cm 3 dal capezzolo.

Nella medesima giornata veniva eseguita ecografia mammaria con posizionamento di “repere” su formazioni nodulari al QSE della mammella sinistra e il 25 febbraio la paziente veniva sottoposta ad intervento chirurgico, in anestesia generale, di quadrantectomia supero-esterna destra e sampling ascellare.

Al riguardo il CTU ha osservato: “Giustificata, per finalità diagnostiche e adeguata al caso concreto , l’esecuzione dell’intervento di quadrantectomia. La descrizione dell’intervento fa riferimento ad un primo atto chirurgico di ” quadrantectomia supero esterna mammella destra su repere demografico “. In altri termini nel caso in esame l’approfondimento diagnostico veniva eseguito su quadrantectomia; l’opzione per la quadrantectomia potrebbe essere interpretata per un orientamento diagnostico “scontato” da parte dei sanitari di Napoli della natura neoplastica della lesione. Peraltro, se da un lato andrebbe censurato detto aprioristico orientamento, dall’altro va evidenziato che la diagnostica anatomopatologica, seppur dubbia, orientava per la presenza di una neoplasia; inoltre la diagnostica per immagini era espressiva di formazioni di dimensioni che ne consigliavano l’asportazione totale . Si rientrava quindi in una situazione clinica per la quale l’atto chirurgico poteva e doveva avere finalità al tempo stesso diagnostiche e terapeutiche; si precisa inoltre che, stante le dimensioni dei noduli da asportare ed il loro posizionamento, decisamente liminare risulta essere la differenza tra una nodulectomia e una quadrantectomia in termini di quantità di tessuto da asportare. In altri termini la quadrantectomia supero -esterna costituiva una scelta operativa possibile, in alternativa alla decisamente di poco meno invasiva nodulectomia; scelta giustificata dall’estensione della patologia quale documentata dalla diagnostica ” . La scelta, inoltre , appare conforme alle linee guida elaborate dalla FO.N.CA.M nel 2003, come aggiornate nel 2011, sulla diagnosi e trattamento del tumore alla mammella laddove stabiliscono che “la biopsia deve consentire la caratterizzazione istopatologica e biologica della neoplasia; deve essere possibilmente escissionale di limitate dimensioni e incisionale”. La quadrantectomia sarebbe giustificata, nel caso di specie, da finalità essenzialmente diagnostiche, in quanto funzionale ad approfondimenti istopatologici, corretta anche avuto riguardo alla dimensione dei noduli e del tessuto da asportare e conforme alle linee guida accreditate vigenti all’epoca dei fatti. Tali conclusioni portano dunque a ritenere non erronea la scelta di intervento, pur in assenza di certa diagnosi di neoplasia, diretto all’asportazione dell’intero quadrante, dovendosi così escludere la ricorrenza di condotta incongrua o scorretta da parte dei sanitari”.

In risposta alle osservazioni critiche del CTP dell’attrice, il CTU ha replicato: “la valutazione della correttezza della scelta dell’intervento chirurgico va contestualizzata … all’epoca si imponeva accertare la tipologia della neoformazione presente a livello mammario, stante la concreta evenienza che si trattasse di una formazione neoplastica. Prima dell’intervento chirurgico del 25 febbraio non erano presenti segni sistemici e/o locali che potessero far porre il concreto sospetto di processi infettivi alla mammella destra; esplicativo in tal senso il referto della RM del 24 febbraio e dell’ecografia del 25 febbraio nel corso della quale si posizionava il repere; inoltre la paziente nei giorni prima dell’intervento aveva un numero di globuli bianchi nella norma (22.02.2010: leucociti 8630 con VN 4800 -10800), questa situazione non si comprende per quale motivo si sarebbe dovuto porre il sospetto diagnostico di un’infezione locale in atto e somministrare antibioticoterapia prima di effettuare l’atto chirurgico”.

“Il chirurgo si trovava in presenza di una situazione che imponeva l’asportazione cautelativa di un’ampia porzione di tessuto mammario, sino a giungere sostanzialmente ad una quadrantectomia; scelta che si ritiene, unitamente al mio ausiliario chirurgo, di pienamente condividere…. Va dunque ritenuto corretto – data la specifica situazione clinica nella quale all’epoca versava la paziente, le risultanze anche della diagnostica per immagini, la necessità di verificare con adeguati approfondimenti istologici la natura delle formazioni mammarie e, infine, coerentemente con le indicazioni delle linee guida richiamate – la scelta di procedere a mezzo di quadrantectomia alla mammella destra. Va invece censurata la scelta contestuale dei sanitari di procedere, nel corso dello stesso intervento, all’asportazione dei linfonodi ascellari posto che, se l’esecuzione di quadrantectomia pur in assenza di riscontro istologico di neoplasia ( suggerito dai sanitari di Perugia), può ritenersi sostanzialmente congrua, avuto riguardo all’estensione – riscontrata poi nell’esame istologico definitivo – flogistica ed ascessuale della patologia benigna da cui la paziente era affetta, altrettanto non può dirsi quanto al sampling linfonodale, non sussistendo né in fase preoperatoria né in fase operatoria un certo riscontro di positività istologica per carcinoma, escluso dall’esame istologico definitivo refertato dai sanitari di Napoli che, ha invece accertato “esteso processo flogistico cronico ad impronta granulomatosa, con cellule giganti del tipo corpo estraneo. Coesiste fibroadenoma intracanalicolare …………….. linfadenopatia iperplastica reattiva “. Va dunque ritenuta, limitatamente al sampling ascellare la responsabilità dei sanitari della struttura sanitaria convenuta per esecuzione di intervento chirurgico non indicato in assenza di certo riscontro istologico di neoplasia e privo dunque di utilità sia per finalità diagnostica, sia terapeutica”.

Accertata, dunque, la responsabilità dei sanitari dell’istituto di Napoli, il Tribunale passa al vaglio l’individuazione dei danni risarcibili.

Il CTU, ha rilevato, quanto alle attuali condizioni di salute dell’attrice, che “la lesione iatrogena del sistema linfatico posta in essere per asportare i linfonodi ascellari ha determinato il linfedema dell’arto superiore dominante ed ha riscontrato, inoltre, la lesione iatrogena dei nervi muscolocutaneo e circonflesso di destra, lesione da cui è derivato un modesto deficit motorio e sensoriale. L’atto chirurgico ha comportato una ridotta funzionalità della spalla e dell’arto superiore di destra che, stante la concorrenza del linfedema co n la lesione nervosa, condiziona negativamente l’attrice nell’utilizzo dell’ arto superiore dominante nel compimento di gesti finalizzati alla presa…… Sussiste inoltre compromissione dell’equilibrio psichico conseguita all’intervento chirurgico , con strutturazione di .. disturbo dell’adattamento integrato dalla non accettazione di una neorealtà disfunzionale all’arto superiore destro e di una modificazione peggiorativa dell’estetica a livello della mammella destra….. L’entità dei postumi permanenti correlati agli atti chirurgici erronei, è in misura pari al 12% ( incidenza sull’integrità psico – fisica) e, altresì, un danno da inabilità temporanea delimitabile in 10 giorni di totale, 20 giorni di parziale al 75%, 30 giorni di parziale al 50%, 30 giorni di parziale al 25%”.

Per la quantificazione del danno liquidabile viene fatta applicazione delle Tabelle Milanesi.

Viene esclusa l’esistenza di specifici elementi idonei a giustificare una personalizzazione del danno non patrimoniale di natura permanente (nella duplice componente di danno biologico e danno morale) liquidato nella somma di euro 31.093,00. Con riguardo ai danni da invalidità temporanea, quantificati dal CTU, in gg. 90, di cui 10 di inabilità assolta, 20 al 75%, 30 al 50%, altri 30 al 25% viene liquidata la somma di euro 4.702,50.

Complessivamente viene riconosciuto in favore di parte attrice, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per lesione dell’integrità psico-fisica, per postumi permanenti e temporanei, la somma di euro 35.796,50.

Riguardo la regolazione delle spese di lite, il Tribunale, considerata l’elevata complessità della vicenda giustifica la compensazione quanto ai rapporti tra parte attrice e la convenuta Azienda di Perugia.

Per quanto concerne la posizione tra attrice e l’Istituto di Napoli, in ragione del parziale accoglimento della domanda e della complessità della vicenda, viene dichiarata la parziale compensazione delle spese in misura pari al 50%, invece, a carico del convenuto viene posto il restante 50%.

In conclusione, il Tribunale di Livorno, rigetta la domanda di risarcimento dei danni formulata nei confronti dell’Azienda di Perugia; accoglie parzialmente la domanda di risarcimento formulata nei confronti dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, relativamente alla scelta ed esecuzione di intervento di sampling ascellare ; condanna lo stesso al risarcimento dei danni non patrimoniali nella somma complessiva di euro 35.796,50 oltre rivalutazioni ed interessi; dichiara integralmente compensate le spese di lite tra l’attrice e la convenuta Azienda di Perugia; dichiara compensate le spese di lite tra l’attrice e l’Istituto di Napoli nella misura del 50%; pone definitivamente a carico dell’Istituto le spese di CTU già liquidate in corso di causa.

Avv. Emanuela Foligno

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