Respinto il ricorso di un pensionato contro l’istanza di riconoscimento del danno non patrimoniale per esposizione qualificata all’amianto
Con l’ordinanza n. 18821/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un cittadino che aveva agito in giudizio nei confronti dell’Inps per vedersi riconoscere il diritto alla rivalutazione del periodo contributivo per esposizione qualificata all’amianto, nonchĂ© il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa del mancato riconoscimento del diritto a pensione sin dal momento in cui ciò era consentito per effetto del montante contributivo rivalutato e dei danni altresì subiti per la correlata impossibilitĂ di fruire del bonus relativo a finestra pensionistica prevista dalla legge n. 243 del 2004.
La Corte d’appello aveva condannato l’Istituto previdenziale a pagare in favore del ricorrente la somma di euro 8.914, riformando la sentenza del Tribunale che, riconoscendo il diritto alla pensione sin dal 1.4.07 (data della maturazione del diritto a pensione tenuto conto della rivalutazione contributiva), aveva condannato l’INPS al pagamento dei ratei fino al 30.4.10 (data dell’effettivo pensionamento), negando il ristoro del danno morale e non pronunciandosi sul predetto bonus.
La Corte d’Appello, rilevando l’obbligo dell’INPS di tener conto – ai fini del riconoscimento del diritto a pensione – della rivalutazione contributiva quanto meno dalla data della sentenza di primo grado (pur non passata in giudicato) che ne aveva accertato il diritto, aveva confermato il diritto del lavoratore ad andare in pensione sin dal 1.4.07; per l’effetto, aveva riconosciuto il bonus relativo alla finestra pensionistica, quantificando il relativo danno nella somma sopra indicata.
Il Giudice di secondo grado aveva invece escluso ogni danno ulteriore, in difetto di allegazione e prova di ulteriore attivitĂ economica svolta compatibile con la pensione o di lesione specifica di altri beni protetti. In particolare, la corte aveva rilevato che il danno patrimoniale andava escluso in quanto da un lato il lavoratore aveva continuato a percepire la retribuzione (che sarebbe stata in ogni caso incumulabile con la pensione) e, dall’altro lato, che non vi era stata prova della possibilitĂ di avviare altra attivitĂ lavorativa compatibile. Quanto al danno non patrimoniale, il Collegio territoriale, ravvisando contraddizione tra la domanda di danno per impossibilitĂ di svolgere altra attivitĂ ovvero per impossibilitĂ di dedicarsi al riposo, aveva rilevato la mancanza di una specifica allegazione e prova di un pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile sul fare a-reddituale del soggetto, rigettando la domanda risarcitoria.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il pensionato deduceva, tra gli altri motivi, il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in ragione del mancato riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, consistente nel non poter adottare una legittima scelta di vita e nell’esser stato costretto a protrarre per otto anni un’attivitĂ lavorativa non piĂą gradita.
Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto di non aderire alla doglianza proposta.
Dal Palazzaccio hanno infatti evidenziato come, in cause del tutto analoghe, la Cassazione aveva giĂ affermato la necessitĂ da un lato di dimostrazione della colpa dell’ente previdenziale e dall’altro lato di allegazione e prova del danno di cui si chiede il risarcimento, laddove nella specie la Corte territoriale aveva accertato che tale onere non era stato affatto adempiuto dal ricorrente.
La redazione giuridica
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