La vittima perdeva la vita il 22/01/08, asseritamente a causa del sinistro stradale accaduto il 07/01/08. Il Tribunale, con sentenza n. 4046/15, ha condannato i convenuti a risarcire il danno non patrimoniale iure hereditatis nella misura di 1.460,00 euro oltre interessi e rivalutazione, rigettando le ulteriori pretese e compensando le spese per metà.
La Corte d’Appello di Milano accoglie parzialmente il gravame, condannando solidalmente gli appellati a risarcire il danno non patrimoniale iure hereditatis nella misura di 2.190,00 euro oltre interessi e rivalutazione.
Il principio di immodificabilità del collegio e la nullità della sentenza di secondo grado
Il caso finisce in Cassazione. La S.C., con la decisione n. 25942/19, accoglie la censura con la quale la ricorrente aveva lamentato la nullità della sentenza di secondo grado e del procedimento per violazione degli articoli 276, primo comma, 352, 158 c.p.c. e 25 Cost. in relazione al principio di immodificabilità del collegio. Ciò perché la sentenza era stata deliberata da un collegio composto dal Presidente Saresella, dal consigliere Fontana e dal consigliere relatore Chiulli, laddove la sentenza emessa e pubblicata indicava che il collegio era composto dal Presidente Saresella, dal consigliere relatore Chiulli e dal consigliere Beccarini Crescenzi.
La richiesta di risarcimento in sede di rinvio
Ergo, con atto di citazione in riassunzione veniva nuovamente chiesto il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali e patrimoniali patiti a seguito del sinistro stradale avvenuto il 07/01/08. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 21/02/23, in sede di rinvio e in riforma della sentenza di primo grado, rideterminava il risarcimento del danno spettante iure hereditatis a M.S. in 2.227,50 euro.
Avverso tale decisione i ricorrenti chiedono nuovamente l’intervento della Cassazione.
Con le numerose doglianze, in sintesi, viene ancora dedotta la nullità della sentenza e del procedimento per invalida costituzione e nomina del nuovo giudice relatore e conseguente nullità dell’ordinanza che dichiara “non luogo a provvedere” sull’istanza di astensione/ricusazione, in data 08/06/21, per avere reso una motivazione apparente; lesione del contraddittorio per mancata comunicazione della riattivazione del processo.
Il ricorso inammissibile a causa dell’esposizione sommaria dei fatti
La Cassazione preliminarmente dichiara il ricorso inammissibile per totale difetto dell’esposizione sommaria dei fatti di causa.
Difatti, il ricorso inammissibile è ove si limiti a un mero rinvio all’esposizione contenuta in altri atti e non sia possibile, nel contesto dell’impugnazione, rinvenire gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia.
Nel caso di specie, dall’esame del ricorso non è possibile evincere alcun elemento riguardo alla vicenda fattuale, alla dinamica del sinistro, alla concreta attività istruttoria espletata in primo grado, alla posizione assunta dalle parti, alle domande concretamente proposte e a quelle sulle quali potrebbe essersi formato giudicato.
Le conseguenze della mancata esposizione dei fatti
Ciò rende incomprensibile, oltre alla causa petendi, la valenza delle doglianze riferite alla mancata valutazione di elementi di prova preventivamente non individuati e alla loro rilevanza rispetto a una ricostruzione dei fatti mai esplicitata. Di conseguenza, è preclusa alla Corte di legittimità la possibilità di avere contezza degli eventi dedotti in causa, il che impedisce la valutazione della rilevanza dei motivi di ricorso.
La ricorrente unicamente deduce: “con atto di citazione, ritualmente notificato ai convenuti ut supra in data 29/09/09, da intendersi integralmente richiamato e ritrascritto, la Sig.ra M.S., nella sua qualità di figlia e coerede, evocava in giudizio avanti al locale Tribunale di Milano, A. e la Milano Assicurazioni, al fine di far accertare e dichiarare la responsabilità civile dei predetti soggetti nella causazione della morte del padre”. La narrazione del fatto e il rinvio ad atti non trascritti nel ricorso non consentono neppure di comprendere se la vicenda si riferisca a un sinistro stradale o a un’ipotesi di responsabilità medica.
Le censure presentate, quindi, non sono esaminabili e risultano complessivamente inammissibili, sottolinea la Cassazione.
L’ordinanza di rigetto dell’istanza di ricusazione
Secondo orientamento già espresso, l’ordinanza di rigetto dell’istanza di ricusazione del iudex suspectus segna automaticamente il dies ad quem dell’effetto sospensivo ricollegato alla proposizione di quell’istanza dall’ultimo comma dell’art. 52 c.p.c.
Sicché, dalla conoscenza di tale evento, la parte interessata è tenuta a riassumere entro il termine di legge il processo sospeso, senza che la proposizione di un ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. avverso detta ordinanza possa essere ritenuta equipollente alla riassunzione, in ragione della diversa finalità di tale strumento impugnatorio rispetto a quella di riattivare il giudizio.
Ad ogni modo, la trattazione della causa da parte di un giudice diverso da quello individuato secondo le tabelle, determinata da esigenze di organizzazione interna al medesimo ufficio giudiziario, pur in mancanza di un formale provvedimento di sostituzione da parte del Presidente del Tribunale, costituisce una mera irregolarità di carattere interno che, in difetto di un’espressa sanzione di nullità sancita dalla legge, non incide sulla validità degli atti, né è causa di nullità del giudizio o della sentenza.
Il modello processuale
Infine, la trattazione camerale soddisfa esigenze di celerità e di economia processuale, costituisce un modello processuale capace di assicurare un confronto effettivo e paritario tra le parti e garantisce la partecipazione del pubblico ministero.
Analoghe considerazioni riguardano la ricusazione dei componenti del collegio e del CTU. Per il resto, la decisione è assolutamente corretta, trovando applicazione il principio secondo cui la mera proposizione del ricorso per ricusazione non determina ipso iure la sospensione del procedimento e la devoluzione della questione al giudice competente a decidere della questione stessa.
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che il Tribunale aveva deciso la causa specificando che l’istanza di ricusazione era stata formulata nella memoria di replica ex art. 190 c.p.c. depositata il 24/10/14, e argomentato sulla sua declaratoria di inammissibilità.
Il ricorso viene, pertanto, dichiarato inammissibile (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 6 marzo 2025, n. 5983).
Avv. Emanuela Foligno