Una recente sentenza del Tar di Catanzaro riguardante gli abusi edilizi, afferma che i fotogrammi di Google Earth possono valere come prova in giudizio

Il T.A.R. di Catanzaro nella sentenza n. 1604/2018 ha chiarito come i fotogrammi di Google Earth possano valere come prove documentali in giudizio per provare degli abusi edilizi.

Questi possono infatti avvalorare l’annullamento della concessione edilizia in sanatoria dell’opera.

Per tale ragione, essi possono essere utilizzati anche in sede amministrativa per avvalorare l’annullamento di una concessione edilizia in sanatoria rilasciata per un’opera ultimata addirittura dopo la presentazione della domanda e comunque modificata rispetto allo stato rappresentato in progetto.

La vicenda

Nel caso di specie, il Tar si è pronunciato sul ricorso di un cittadino contro il provvedimento del Comune che aveva annullato una concessione edilizia in sanatoria, nonché contro l’ordinanza di demolizione di opere abusive.

Nello specifico, i provvedimenti dell’amministrazione avevano ad oggetto un fabbricato di proprietà del ricorrente.

Tale fabbricato era destinato ad attività commerciale e realizzato abusivamente, per cui era stata presentata istanza di condono. La concessione edilizia in sanatoria, in un primo momento rilasciata dal Comune, è stata però annullata in autotutela a seguito di accertamenti successivi.

Il T.A.R. ha evidenziato che la domanda di condono, per poter essere accolta, avrebbe dovuto avere ad oggetto un’opera ultimata, sia pure abusivamente, entro la data del 1° ottobre 1983, come prescritto dall’art. 31 della L. 47/1985.

Ebbene, dopo alcuni accertamenti realizzati dall’ingegnere verificatore, è emerso che l’opera è stata realizzata addirittura dopo la presentazione della domanda di sanatoria.

Inoltre, era stata realizzata dopo l’anno 2001 e l’immobile, a quell’epoca, era di dimensione differente rispetto allo stato rappresentato in progetto.

Tale circostanza è stata accertata tramite i fotogrammi di Google Earth, i quali costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili anche in sede penale (cfr. Cass. pen., Sez. III, 15 settembre 2017 n. 48178).

A fronte di tale fatto, la parte ricorrente non ha fornito alcuna dimostrazione contraria, almeno in ordine alle effettive dimensioni dell’immobile ed all’epoca del suo completamento, lamentando soltanto l’inattendibilità della verificazione suddetta.

Secondo il Tar, invece, era compito del ricorrente fornire la prova documentata dell’anteriorità dell’ultimazione dei lavori abusivi, rispetto alla data finale prevista dalla legge sul condono edilizio.

In assenza di tale prova, la tesi dell’amministrazione sorregge la legittimità del diniego di condono impugnato.

Pertanto, nel caso in esame, opera il principio secondo cui, laddove una concessione edilizia in sanatoria sia stata ottenuta in base a una falsa, o comunque erronea, rappresentazione della realtà materiale, è consentito alla P.A. esercitare il proprio potere di autotutela.

È dunque possibile ritirare l’atto, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 8 gennaio 2013 n. 39).

 

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