L’organizzatore del lavoro e il sottoscrittore del DVR rappresentano la funzione di garanzia per la sicurezza sul lavoro contro gli infortuni (Cassazione Penale, sez. IV, sentenza n. 34739/2020 del 7 dicembre 2020)

La Corte di Appello di Salerno ha confermato la sentenza di primo grado che dichiarava la penale responsabilità del datore di lavoro per omicidio colposo in relazione all’infortunio del lavoratore caduto dal tetto con conseguente frattura cranica. A causare l’incidente era stata la rottura di una lastra di eternit sulla quale l’uomo stava camminando nello svolgere un lavoro di impermeabilizzazione di una canna fumaria

All’imputato, in qualità di direttore dello stabilimento luogo del sinistro, veniva addebitato di avere violato la normativa antinfortunistica relativamente alle modalità di spostamento sul tetto, eseguito senza che gli operai fossero agganciati con una cintura di sicurezza e senza alcuna copertura del lucernario con tavole di legno.

Inoltre, il lavoratore deceduto non era specializzato, nè abilitato, a svolgere tali incombenze poiché aveva la qualifica di stampista.

L’imputato propone ricorso per cassazione lamentando la qualità di direttore di fatto dello stabilimento, in luogo di quella di organizzazione del lavoro cui era effettivamente preposto.

Secondo l’imputato la Corte territoriale ha errato nel ritenerlo amministratore unico e datore di lavoro, qualità che appartenevano all’altro coimputato, nelle more deceduto.

Il ricorrente ribadisce di non avere mai svolto funzioni di direttore di fatto e che le deposizioni della moglie e del padre della persona offesa confermavano che a impartire gli ordini in azienda era il coimputato deceduto.

Inoltre, altro teste dichiarava che la persona che avrebbe aiutato il lavoratore a salire sul tetto era l’altro coimputato.

Gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile in quanto le censure riguardano deduzioni in fatto non consentite in sede di legittimità.

Ad ogni modo, viene chiarito, la sentenza impugnata motiva adeguatamente il potere direttivo dell’imputato laddove, spiegando che entrambi fratelli – imputato e coimputato deceduto – erano d’accordo sull’esigenza dell’intervento affidato al lavoratore deceduto, ma era proprio l’imputato colui che gestiva l’organizzazione del lavoro, che aveva sottoscritto il documento per la valutazione dei rischi e che, dunque, rappresentava la funzione di garanzia per la sicurezza sul lavoro ed anche quella mattina era presente nello stabilimento in occasione dell’infortunio mortale.

La Corte territoriale ha evidenziato che dall’escussione di tutti i testimoni è emerso che il potere direttivo veniva esercitato dall’imputato.

Nello specifico, uno dei testi, riferiva che l’imputato ogni mattina organizzava le attività lavorative.

Altro teste, confermava che anche la mattina in cui il lavoratore era caduto dal tetto, il ricorrente era sul luogo di lavoro ed aveva dato ordini.

Tali considerazioni attengono al merito della vicenda e non possono essere messe in discussione in sede di legittimità, in assenza di incongruità o di evidenti vizi logici rilevabili nel percorso motivazionale della sentenza impugnata.

In conclusione, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa Ammende, nonché alla rifusione delle spese di giudizio delle parti civili.

Avv. Emanuela Foligno

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