La quantificazione della percentuale dei postumi invalidanti residuati in capo al ricorrente per la frattura scomposta della gamba, valutati nella misura del 13% è dunque superiore a quanto accertato dall’INAIL e pertanto il ricorso viene accolto (Tribunale di Castrovillari, Sez. Lavoro, Sentenza n. 1521/2021 del 23/09/2021 RG n. 777/2016)

Il lavoratore, in data 19/02/2016 proponeva ricorso ex art. 414 c.p.c. contro l’INAIL, dinnanzi al Tribunale di Castrovillari, al fine di fare riconoscere e dichiarare il proprio diritto all’indennizzo in rendita, o in capitale, a seguito di infortunio sul lavoro.

L’Inail eccepiva la prescrizione del diritto.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 783 del 16/11/1999, hanno statuito che “la prescrizione delle azioni per conseguire le prestazioni dell’Inail di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112, può legittimamente essere interrotta, secondo le norme del codice civile, non solo con la proposizione dell’azione in giudizio, ma anche con atti stragiudiziali, senza che l’efficacia sospensiva della prescrizione medesima (prevista dall’art. 111, comma 2, del citato decreto) escluda l’efficacia interattiva, che permane fino alla definizione del procedimento amministrativo di liquidazione”.

Sulla scia delle Sezioni Unite sono seguite altre pronunce nel senso della permanenza dell’efficacia sospensiva della prescrizione sino alla definizione del procedimento amministrativo.

Nel caso di specie, l’INAIL ritiene che la prescrizione sia maturata tra la data della presentazione del ricorso amministrativo (2.5.2012) e la data di proposizione del ricorso giudiziale (19.2.2016).

In realtà nelle more, è stato proposto un ulteriore ricorso giudiziario del 2014, presso il Tribunale di Castrovillari, deciso con sentenza di mero rito passata in giudicato.

In data 23.04.2014 il ricorrente ha depositato tempestivo ricorso dinanzi al Tribunale di Castrovillari, procedimento n. 1637/13 R.G., notificato in data 05.05.2014, avente allo stesso modo effetto interruttivo sino al passaggio in giudicato della sentenza n.886/2015, che ha definito il giudizio con declaratoria di inammissibilità per omessa dichiarazione del valore della prestazione, avvenuto il 14.01.2016, per come dalla sentenza prodotta nel presente giudizio, confermato dall’attestazione di passaggio in giudicato rilasciata dalla Cancelleria, anche questa depositata in atti.

Ciò posto, venendo al merito, il CTU ha concluso: “Da un attento esame della documentazione sanitaria agli atti si evince che il signor……..di anni 65 ha subito per infortunio sul lavoro caduta da una altezza di circa 9 metri la frattura scomposta della gamba Sx”.

“È stato trattato con Osteosintesi con chiodo di Marchetti subendo però una gravissima complicazione: la pseudo artrosi della gamba (cioè i monconi della tibia non sono callificati) per cui la guarigione è avvenuta dopo circa 18 mesi. (Dal 7/7/2010 al 9/01/2012, 540 giorni).E’ clinicamente guarito con postumi da valutare in sede INAIL al 13%. Esiti di Frattura di Tibia e Perone (gamba) sx con ipotrofia del gastrognemio e con ripercussione funzionale al ginocchio 8 % (Otto). Grave limitazione della flessione del ginocchio permessa per 110° – limitato l’accovacciamento. – 5% (Cinque)”.

La quantificazione della percentuale dei postumi invalidanti residuati in capo al ricorrente, valutati nella misura del 13% (tredici %), è dunque superiore a quanto accertato dall’INAIL e pertanto il ricorso viene accolto.

Respinte le censure sollevate dall’INAIL alla perizia in sede di udienza in quanto non trasmesse al Consulente nei termini assegnati, ossia entro il 07.09.2019, per permettere al CTU di prendere posizione sulle medesime.

Ad ogni modo, tali censure riguardano il periodo di inabilità temporanea assoluta, rispetto al quale il ricorrente non aveva chiesto alcun accertamento giudiziale, essendo stato già riconosciuto dall’Ente il periodo di inabilità assoluta dal lavoro e peraltro al CTU in sede di conferimento d’incarico non era stato posto alcun quesito circa il periodo di inabilità assoluta dal lavoro e, quindi, nella perizia non si fa riferimento alcuno a tale dato.

Concludendo il ricorso viene accolto con condanna dell’Istituto alla corresponsione dell’ indennizzo commisurato al 13%, del pagamento delle spese di giudizio per euro 2.300,00 e delle spese di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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