Per il furto in appartamento agevolato dalla presenza di impalcature vengono ritenuti responsabili dalla Suprema Corte ai sensi dell’art. 2051 c.c. sia il condominio che la ditta appaltatrice (Cass. Civ., Sez. VI – 3, Ordinanza n. 41542 del 27 dicembre 2021)

Sancita la responsabilità del Condominio e della società esecutrice dei lavori edili di manutenzione per il furto in appartamento agevolato dalle impalcature.

La decisione a commento risulta del tutto allineata a precedenti granitici secondo i quali “ad agevolare il furto sia stata la presenza dei ponteggi non adeguatamente sorvegliati né dall’appaltatrice, né dal Condominio.

Uno dei condomini subisce l’intrusione e il furto di preziosi nel proprio appartamento, posto al quinto piano dello stabile, per un valore di oltre trentamila euro.

Secondo la tesi della danneggiata, l’evento sarebbe stato agevolato dalla presenza di un’impalcatura posta a ridosso dell’edificio dalla ditta esecutrice dei lavori di manutenzione straordinaria.

Il Tribunale di Salerno valutava responsabili sia l’impresa appaltatrice per avere omesso la dovuta diligenza nel posizionare l’impalcatura, sia il Condominio per omessa custodia, condannandoli a rifondere alla donna derubata l’importo di € 33.925,00.

Eguali considerazioni in punto di responsabilità vengono sancite dalla Corte d’Appello che, tuttavia, riduce l’importo risarcitorio a € 10.000,00.

La Corte d’Appello di Salerno, adita dal Condominio, con sentenza del 18/11/2019, ha, appunto, confermato che la responsabilità di entrambi gli originari convenuti fosse stata provata, sia a mezzo di prove testimoniali sia con riscontri oggettivi, effettuati dagli agenti di Pubblica Sicurezza del Commissariato intervenuti sul posto; ha escluso l’omessa valutazione di un preteso comportamento colposo della danneggiata nella custodia dei gioielli  ed ha accolto soltanto il motivo di appello, relativo al quantum di cui ha ridotto l’importo, in via equitativa, ad € 10.000.

Il Condominio ricorre in Cassazione, che ritiene l’impugnativa inammissibile.

Tutti i motivi sono volti ad evocare un inammissibile riesame degli elementi di prova, elementi che, lungi dall’essere costituiti dalla sola testimonianza de relato actoris, come ritenuto dal ricorrente, sono stati tutti oggettivamente riscontrati dall’agente di polizia intervenuto nell’immediatezza del fatto e confermati da altri testi.

Tutti gli elementi riscontrati, sottolinea la Corte Suprema, hanno consentito di ricostruire, in modo univoco, il furto, le modalità di accesso all’appartamento, l’assenza di sistemi di allarme e di illuminazione sulle impalcature, la presenza di porta blindata nell’appartamento.

In sostanza, secondo gli Ermellini, è evidente il valore dei dati posti in evidenza dai Militari intervenuti, ossia il furto, le modalità di accesso all’appartamento – dotato di porta blindata –, l’assenza di sistemi di allarme e di illuminazione sulle impalcature.

La doglianza del ricorrente circa la errata valutazione delle prove, risulta in contrasto con l’insegnamento secondo il quale “In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c., è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.” (Cass., S.U., n. 20867 del 30/9/2020).

Egualmente, anche la doglianza inerente la violazione dell’art. 2697 c.c. non coglie nel segno, poiché la invocata violazione è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il Giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che lo stesso abbia svolto delle prove proposte dalle parti.

Corretta, infine, anche la valutazione equitativa dei danni riformata dalla Corte territoriale, in quanto tale liquidazione può avvenire sia nell’ipotesi in cui sia completamente mancata la prova del loro ammontare, a causa dell’impossibilità di fornire congrui ed idonei elementi a riguardo, quanto nell’ipotesi in cui, pur essendosi svolta attività processuale per fornire tali elementi, per la notevole difficoltà di una precisa quantificazione, non siano stati ritenuti di sicura efficacia.

Il ricorso viene integralmente respinto con condanna alle spese in capo al Condominio ricorrente.

Avv. Emanuela Foligno

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