Giudizio controfattuale nell’infortunio sul lavoro mortale ai fini della responsabilità (Cass. pen., sez. IV, dep. 20 maggio 2022, n. 15257).

Giudizio controfattuale nell’attribuzione della responsabilità in caso di infortunio sul lavoro.

La Suprema Corte evidenzia che “il giudizio controfattuale è doveroso e consta in una operazione logica che, eliminando dalla realtà (contro i fatti) la condizione costituita da una determinata condotta umana, verifica se il fatto oggetto del giudizio sarebbe egualmente accaduto, con la conseguenza che nell’ipotesi di indifferenza della condotta nella produzione dell’evento, deve escludersi che essa ne costituisca una causa “.

La Corte di Appello ha confermato la sentenza del Tribunale con cui il datore di lavoro è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 589 c.p., commi 1 e 2, per avere, con colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione degli obblighi antinfortunistici, cagionato la morte del lavoratore a seguito dell’infortunio, allorquando il lavoratore mentre scaricava le merci da un autoarticolato, veniva travolto riportando politraumi vari, trauma cervicale e toraco-addominale,  cui seguiva la morte.

Il soccombente propone ricorso per Cassazione, denunciando, tra i vari motivi, l’erronea applicazione degli artt. 40,589, commi 1 e 2, 157, 590, commi 1 e 3, c.p., oltre al vizio di motivazione.

In particolare, evidenzia che il Giudice di prima cure aveva ritenuto l’evento morte conseguenza diretta dell’infortunio, senza svolgere alcuna indagine medico-scientifica, sostenendo addirittura che fosse onere della difesa dimostrare l’interruzione del nesso causale. Con il gravame il ricorrente aveva sottolineato che, in assenza di esame autoptico, la documentazione medica acquisita, in assenza di perizia, non poteva essere sufficiente per affermare la correlazione fra l’infortunio ed il decesso. Il primo giudice, infatti, aveva enfatizzato la circostanza che la morte fosse intervenuta per arresto cardiocircolatorio, elemento questo inconferente, posto che siffatta evenienza caratterizza tutti i decessi. Osserva anche che la Corte territoriale, a fronte dello specifico motivo, omette la risposta, senza approfondire le cause del decesso del lavoratore, che non vengono neppure indicate. Ed ancora, sempre secondo la parte ricorrente, deve essere escluso il ricorso alla teoria dell’aumento del rischio, peraltro anch’essa non menzionata dalle sentenze di merito, essendo quantomeno necessario che la motivazione dia conto della legge di copertura scientifica a copertura del caso concreto.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata, che pure ricostruisce analiticamente la dinamica dell’infortunio, dal quale sono derivate le lesioni gravissime, nel rispondere al motivo di gravame, inerente alla relazione causale fra l’omissione dell’adempimento degli obblighi e delle cautele previste dalla normativa antinfortunistica e l’evento morte, si limita a constatare che il lavoratore, a seguito di infortunio, rimase in stato comatoso sino al decesso e rigetta il motivo di appello rivolto a derubricare il reato in quello di lesioni gravissime.

Il nesso causale va ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica-, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato.

Ciò posto, i  Giudici di merito hanno del tutto pretermesso l’accertamento della causa della morte del lavoratore, facendo derivare unicamente dallo stato di coma, l’evento ascritto all’imputato, senza indagare quale patologia abbia concretamente condotto al decesso,  nè il collegamento con le lesioni riportate in quella occasione.

Tale accertamento non può gravare sull’imputato, al quale non compete l’onere di dimostrare la sussistenza di una serie causale alternativa, essendo la prova del collegamento fra la condotta e la morte, onere specifico dell’accusa.

La Suprema Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello.

Avv. Emanuela Foligno

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