È incostituzionale l’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti a ctu, notai e custodi siano previamente oggetto di intimazione di pagamento ed eventualmente prenotati a debito anziché direttamente anticipati dall’erario
Con ordinanza del 21 giugno 2018, il Tribunale ordinario di Roma aveva sollevato, in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 24, 35, primo comma, e 36 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 131, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante: «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)».
La vicenda
Nel corso di un procedimento regolato dall’art. 696-bis del codice di procedura civile, era stato conferito un apposito incarico ai consulenti tecnici, ai fini della composizione della lite e in presenza di una fattispecie di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Durante il procedimento era emerso che gli onorari dovuti ai predetti consulenti non potevano essere corrisposti perché anche la parte (il coniuge dell’ammesso al patrocinio) a carico della quale erano stati posti gli oneri della consulenza non era in grado di ottemperarvi e che si doveva pertanto applicare l’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002.
Tale disposizione stabilisce, al riguardo, che gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all’ausiliario del magistrato sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non è possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell’ammissione.
Analoga disciplina è disposta per gli onorari del notaio per lo svolgimento di funzioni demandategli (nei casi previsti dalla legge) dal magistrato, nonché per l’indennità di custodia del bene sequestrato.
La norma consente, dunque, la prenotazione a debito del compenso del consulente (e dei soggetti assimilati) successivamente alla richiesta del relativo pagamento alle parti del giudizio.
Per il Tribunale di Roma, tale previsione sarebbe irragionevole, in quanto ciò significherebbe che i consulenti tecnici del giudice dovrebbero lavorare gratuitamente nel caso in cui una parte sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato e non vi siano altri soggetti sui quali possa farsi gravare il diritto al compenso per il lavoro svolto.
La norma censurata è stata più volte sottoposta all’esame della Consulta, sempre con esito negativo; questa volta, però, la Corte Costituzionale (sentenza n. 217/2019) ha accolto la questione di legittimità costituzionale, poiché fondata sotto il profilo del difetto di ragionevolezza.
La pronuncia della Consulta
Tale pronuncia – ha chiarito il Giudice delle Leggi – “si muove – fatta salva la diversa interpretazione della disciplina della prenotazione a debito precedentemente precisata – nel solco della pregressa giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato il tramonto della logica del gratuito patrocinio, ormai integralmente sostituito dal principio del patrocinio a carico dell’erario”.
Secondo il costante orientamento giurisprudenziale, la finalità del nuovo istituto del patrocinio a spese dello Stato è quella di assicurare la tutela dell’indigente con carico all’erario in tutti i casi in cui particolari categorie professionali espletano attività di assistenza nei confronti dell’indigente medesimo. Ciò esclude che per alcune fattispecie vi possano essere deroghe ispirate alla superata logica del gratuito patrocinio.
Tuttavia, – ha aggiunto la Consulta – non può essere condiviso il principio secondo cui la locuzione «prenotazione a debito» possa essere letta come anticipazione degli onorari a carico dello Stato, a ciò ostando l’insormontabile ostacolo della testuale definizione legislativa della prenotazione a debito, secondo cui detta prenotazione si risolve in una annotazione a futura memoria ai fini dell’eventuale successivo recupero.
La disposizione censurata, come correttamente interpretata dal giudice remittente, risulta viziata sotto il profilo della ragionevolezza proprio perché, in luogo dell’anticipazione da parte dell’erario, prevede, a carico dei soggetti che hanno prestato l’attività di assistenza, l’onere della previa intimazione di pagamento e l’eventuale successiva prenotazione a debito del relativo importo («se non è possibile la ripetizione»). Infatti, tale meccanismo procedimentale, unitamente all’applicazione dell’istituto della prenotazione a debito, impedisce il rispetto della coerenza interna del nuovo sistema normativo incentrato sulla regola dell’assunzione, a carico dello Stato, degli oneri afferenti al patrocinio del non abbiente.
L’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, dunque, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai soggetti ivi indicati siano previamente oggetto di intimazione di pagamento e successivamente eventualmente prenotati a debito (in caso di impossibilità di «ripetizione»), anziché direttamente anticipati dall’erario.
La redazione giuridica
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