Ai sensi dell’art. 13 RDL 63 6/39 e della L. 335/95, la pensione di reversibilità va riconosciuta in caso di morte del pensionato al soggetto che versi in particolari condizioni soggettive (Tribunale di Foggia, Sez. Lavoro, Sentenza n. 2336/2021 del 31/05/2021 RG n. 9001/2016)

Con ricorso del 28.10.2016, il ricorrente – invalido civile nella misura del 100%, inabile al proficuo lavoro e convivente con la madre, deceduta in data 19.5.2010, riferisce di aver presentato domanda all’INPS in data 27.1.2014 per il riconoscimento della pensione di reversibilità del genitore deceduto, ma di non avere ottenuto dall’INPS quanto richiesto perché “non riconosciuto inabile alla data di morte del familiare”.

Il ricorrente chiede, pertanto, previo accertamento del suo diritto alla pensione di reversibilità, la condanna dell’INPS alla corresponsione dei ratei maturati a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data della domanda amministrativa. Vinte le spese di lite.

Si costituisce in giudizio l’INPS, contestando l’avverso ricorso e chiedendone il rigetto.

Il Tribunale ritiene la domanda fondata essendovi le condizioni necessarie per il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità.

Ai sensi dell’art. 13 RDL 63 6/39, modificato dagli artt. 2 L.218/52 e 22 L. 903/65, e della L. 335/95, la pensione di reversibilità va riconosciuta in caso di morte del pensionato al solo soggetto che versi in particolari condizioni soggettive.

Occorre, che il beneficiario sia: vedovo non separato legalmente per propria colpa o vedovo divorziato, se titolare di assegno divorzile; orfano minore o studente fino a 26 anni (se iscritto a regolare corso di laurea) o, se in età superiore, inabile al lavoro ed a carico del genitore deceduto; genitore di età superiore ai 65 anni che non sia titolare di pensione e risulti a carico del pensionato alla data della morte; fratello non coniugato, che non sia titolare di pensione e risulti permanentemente inabile e a carico del dante causa.

IL requisito della vivenza a carico, richiesto per alcuni aventi diritto, è soddisfatto dalla coesistenza, al momento del decesso, della non autosufficienza economica del superstite e dal mantenimento in modo efficiente dello stesso da parte del dante causa.

In altri termini, occorre un rapporto diretto di dipendenza economica o, comunque, un’integrazione del reddito del beneficiario non idoneo ad assicurare un’autosufficienza economica.

Il mantenimento, presunto in caso di convivenza, può essere provato da un raffronto dei redditi del pensionato e del beneficiario.

Ed ancora, è necessario che il dante causa sia titolare di pensione di vecchiaia o di anzianità o di inabilità, ovvero sia assicurato deceduto nel corso del mese della presentazione della domanda di pensione di inabilità e per il quale, al momento del decesso, risultano maturati i requisiti contributivi e sanitari per il diritto alla pensione anche se perfezionati dopo la domanda, ma prima del decesso ed anche se al momento del decesso non era avvenuta la cancellazione dagli elenchi o albi di cui all’art.2 L. 222/84, ovvero che esistevano al momento del decesso a favore dell’assicurato dei requisiti contributivi per le prestazioni di invalidità previsti dalla legge 222, e quindi l’accredito di 5 anni di contribuzione di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio, ovvero che esistevano al momento del decesso a favore dell’assicurato dei requisiti contributivi per la pensione di vecchiaia e pari a 15 anni, a prescindere dall’età pensionabile.

Ciò posto, il ricorrente, al momento del decesso del genitore (19.5.2010), aveva già raggiunto l’età de i 26 anni, ma versava in condizioni di inabilità al 100%, oltre che di vivenza a carico.

Quanto al requisito sanitario, la CTU espletata nel giudizio iscritto al n. 827/2011, prodotta in giudizio, consente di ritenere che il ricorrente, al momento del decesso del familiare pensionato, si trovasse nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa: nel predetto giudizio, il CTU ha accertato: ” tenuto conto dello stato clinico e funzionale del paziente, delle sue attitudini innato e/o acquisite, delle sue capacità di autogestirsi e di relazionarsi con il contesto sociale nonché della situazione oggettiva del mercato del lavoro è congruo ritenere che nel periodo che va dall’epoca di inoltro dell’istanza amministrativa, 21 gennaio, sino all’epoca della morte della madre, 19 maggio 2010, il paziente versasse nelle condizioni previste dal legislatore per poter essere considerato inabile a proficuo lavoro “.

Oltretutto, il Tribunale precisa che, nel caso di figli inabili, la pensione di reversibilità del genitore defunto è finalizzata a garantire la continuità del sostentamento del superstite inabile, anche se maggiorenne, sulla base del necessario nesso di dipendenza causale fra lo stato di bisogno dell’inabile a carico del genitore e l’evento morte del genitore stesso.

Ai fini della prestazione, il concetto di inabilità va inteso nel senso che il soggetto non deve essere inidoneo a qualunque lavoro, ma soltanto incapace di applicarsi ad un lavoro produttivo di adeguato profitto e, cioè, adatto a consentirgli di provvedere, in modo normale e non usurante, alle proprie esigenze di vita.

Per quanto riguarda la vivenza a carico del genitore defunto, il requisito si intende soddisfatto quando il de cuius provvedeva in maniera continuativa al sostentamento familiare.

La giurisprudenza ha specificato che non è necessario un completo mantenimento, essendo sufficiente che l’aiuto economico, per la sua costanza e regolarità, abbia costituito un mezzo normale, sia pure parziale, del mantenimento.

Tali 2 requisiti devono sussistere al momento della morte del pensionato.

Ebbene, il requisito della vivenza a carico della madre deceduta è comprovato dal certificato di stato di famiglia depositato in atti.

Sussistono, dunque, entrambe le condizioni di legge per accogliere integralmente la domanda di reversibilità.

Per quanto concerne la decorrenza, il beneficio invocato decorre dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa, oltre interessi sui ratei scaduti a decorrere dal 120° giorno successivo alla data della domanda.

Le spese di lite seguono la regola della soccombenza.

Concludendo, il Tribunale, in funzione di Giudice del lavoro, dichiara il diritto del ricorrente alla percezione della pensione di reversibilità ai superstiti a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda in sede amministrativa; condanna l’I.N.P.S. al pagamento in favore del ricorrente dei ratei maturati e non corrisposti, oltre interessi legali a far data dal 120° giorno successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa; condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite liquidate in complessivi euro1.800,00, oltre accessori e spese generali.

Avv. Emanuela Foligno

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