L’Inps revocava l’indennità di accompagnamento del minorenne già riconosciuto totale invalido civile poiché non bisognoso di assistenza continua (Tribunale di Roma, Sez. II Lavoro, Sentenza n. 4649/2021 del 17/05/2021-RG n. 19625/2020)

I genitori esercenti la potestà sul figlio minore, citano a giudizio l’Inps proponendo ricorso avverso la relazione di CTU Medico-Legale resa nel procedimento per accertamento tecnico preventivo, onde vedere accertato il diritto alla permanenza dello stato di totale invalido civile, con indennità di accompagnamento, sin dalla data della revoca.

Gli attori, in particolare deducono che il figlio è tuttora affetto dalle patologie specificamente indicate in ricorso, che lo rendono non soltanto totalmente inabile, ma, altresì, incapace di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, nonché di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita, risultando così bisognoso di assistenza continua, e contestano specificatamente le risultanze della C.T.U. espletata nel procedimento di accertamento preventivo, sullo stato invalidante.

Invocano, quindi, la condanna dell’Inps al pagamento della prestazione assistenziale prevista dall’art. 1 della legge n. 18/1980, come modificata dalla legge n. 508/1988, con la decorrenza e gli accessori di legge.

Si costituisce in giudizio l’Inps contestando le avverse domande e chiedendone il rigetto.

Il Giudice istruisce la causa attraverso l’acquisizione del fascicolo dell’ATP e dispone il rinnovo della CTU Medico-Legale.

Preliminarmente viene passata al vaglio l’eccezione di inammissibilità del giudizio sollevata dall’Inps.

L’eccezione è del tutto infondata poiché il dissenso avverso le conclusioni rassegnate dal CTU nella fase di accertamento tecnico preventivo è stato tempestivamente espresso nel rispetto del termine perentorio di 30 giorni stabilito dall’art. 445 bis, comma 6, c.p.c., come risulta dal fascicolo informatico.

Venendo al merito, viene osservato che l’art. 445 bis c.p.c., introdotto dall’art. 38 comma 1 lett. b) n. 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, come modificato in sede di conversione dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e d applicabile dall’1 gennaio 2012, stabilisce, al primo comma: ” Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 1 2 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell’articolo 442 codice di procedura civile, presso il Tribunale nel cui circondario risiede l’attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. Il giudice procede a norma dell’articolo 696 – bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all’accertamento peritale di cui all’articolo 10, comma 6 -bis, del decreto -legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all’articolo 195″ .

Ergo, la seconda ed eventuale fase, sotto il profilo sanitario ha un carattere esclusivamente impugnatorio.

Difatti, la mancata specificazione dei motivi di contestazione della C.T.U. impone di emettere una sentenza di carattere processuale di inammissibilità.

Ciò posto, e argomentando al contrario, il ricorso introduttivo del giudizio di cui al comma 6 in tanto è ammissibile in quanto abbia ad oggetto la contestazione della C.T.U.; il che equivale a dire che oggetto del ricorso può essere esclusivamente la richiesta di pervenire ad un accertamento sanitario difforme (totalmente o anche solo parzialmente) da quello contenuto nella C.T.U..

La Suprema Corte al riguardo ha statuito: “Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della l. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis, ultimo comma, c.p.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicché quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio -economici”.

Ebbene, il ricorrente ha censurato in modo specifico la perizia resa nel corso dell’accertamento tecnico preventivo – affermando che il CTU avrebbe sottostimato lo stato invalidante del minore e non avrebbe congruamente valutato il quadro patologico complessivo e l’effettiva carenza di autonomia.

Non sussistono, pertanto, dubbi sulla ammissibilità del ricorso.

Il secondo CTU ha ribadito le conclusioni dell’ausiliario nella precedente perizia resa nel corso di ATP, ed ha puntualmente ed esaustivamente replicato alle censure del CTP del ricorrente.

Il Consulente ha concluso che “il minore, in ragione delle patologie da cui è affetto, non si trova nelle condizioni previste dall’articolo 1 della legge n. 18/1980, non mostrando necessità di assistenza continua ed essendo in grado di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita, né versando nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, sicché non ha diritto all’indennità di accompagnamento”.

L’art. 1 della legge n. 18/1980, come modificato dall’art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 508/1988, riporta tra le condizioni per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, oltre alla qualifica di totale invalido civile, anche l’ulteriore condizione, prevista indistintamente per tutte le età, consistente nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, ovvero l’incapacità di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita, necessitando di continua assistenza.

Correttamente, dunque, il CTU ha fornito precisa risposta allo stato clinico del periziato ed alla sua capacità di compiere gli atti quotidiani della vita, escludendo, all’esito della visita peritale e in base alla disamina della certificazione sanitaria prodotta, la sussistenza dei presupposti per dare luogo all’indennità di accompagnamento.

Tali conclusioni, peraltro allineate a quelle dell’ATP, vengono integralmente condivise, con conseguente declaratoria di insussistenza dei requisiti sanitari previsti dalla legge per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.

Avendo le parti ricorrenti fornito la dichiarazione reddituale ai sensi dell’art. 152 c.p.c., non vengono assoggettate al pagamento delle spese di lite.

Difatti, tale disposizione codicistica, come novellata dall’art. 42, comma 11, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 – convertito nella legge n. 326/2003, correla la possibilità di non essere assoggettato alla condanna alle spese di lite nei ricorsi in materia previdenziale al mancato superamento dei limiti reddituali stabiliti.

Per la medesima ragione vengono poste a carico dell’Inps, le spese della consulenza tecnica d’ufficio resa nella fase di ATP, nonché della CTU del giudizio di merito.

Avv. Emanuela Foligno

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