Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione penale (la n. 35834 del 2016) affronta il tema della condotta del pedone investito da un veicolo in circostanze tali da far profilare un’ipotesi di decisiva, e addirittura esclusiva, responsabilità in capo alla vittima.

In particolare, nella fattispecie, il soggetto si trovava a percorrere a piedi una strada extraurbana non illuminata , in orario notturno, contromano e non indossando il giubbotto retroriflettente.

I giudici di legittimità hanno ritenuto tale comportamento alla stregua di una condotta esulante dal novero degli eventi ragionevolmente prevedibili e, in quanto tale, non ascrivibile a titolo di colpa al conducente della vettura investitrice.

Il caso di cui trattasi è stato ovviamente affrontato nella citata pronuncia secondo un approccio e un taglio di carattere precipuamente penalistico. In tale ambito, la responsabilità a titolo di colpa può essere addebitata al soggetto nella misura in cui l’automobilista, date le circostanze di spazio e di tempo, è stato in concreto nelle condizioni di avere qualche possibilità di evitare il sinistro (sul punto, vedasi la sentenza n. 37606/2007 della IV sezione della Cassazione penale).

Ebbene, proprio la straordinaria concomitante ricorrenza – nell’ipotesi affrontata – di dettagli censurabili  nel contegno tenuto dal pedone (deambulazione notturna su strada non illuminata in contromano e senza dispositivi riflettenti) ha giocato un ruolo dirimente nell’indurre la Corte a considerare esente da colpa l’automobilista. E ciò proprio perché quest’ultimo, secondo gli ermellini, non poteva aspettarsi la presenza, irrazionale  e temeraria, del pedone sul tratto di strada percorso in quelle specifiche condizioni spazio-temporali.

La pronuncia in oggetto ci consente di rammentare come i sinistri coinvolgenti individui non alla guida di mezzi motorizzati (o di velocipedi) costituiscano le fattispecie in cui è più difficile – per un automobilista e per la sua assicurazione – sfuggire alla condanna.

Infatti, agli investimenti di pedoni si applica ineluttabilmente l’art. 2054 I comma cc, norma che contempla una ferra presunzione di responsabilità in capo al conducente del mezzo investitore. Da essa egli può liberarsi esclusivamente tramite la  probatio diabolica concretantesi nella dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Possiamo ben dire che  tale dimostrazione si configura estremamente difficile da raggiungere in via istruttoria e in sede processuale, laddove si consideri il consolidato orientamento giurisprudenziale in subjecta materia.

Tra gli interventi più recenti, ricordiamo quello del Tribunale di Monza (sent. n. 2850 del 16/11/2015) il quale ha statuito che neppure l’attraversamento del pedone effettuato fuori dalle strisce è idoneo ad escludere la responsabilità, quantomeno concorrente, dell’investitore.

Il Tribunale de L’Aquila, con sentenza n. 962 del 25/11/2015, ha precisato nei seguenti termini i gravosissimi oneri incombenti sul responsabile del sinistro: “ai fini del superamento della presunzione è necessario che sia fornita la prova di una condotta anomala e imprevedibile del pedone stesso tale da sorprendere il conducente; è necessario che il conducente del veicolo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistarlo e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido ed inatteso”.

In verità, la stessa Cassazione Penale, con sentenza n. 29799 del 18/06/2015, ha ritenuto di precisare che l’esenzione di responsabilità può sussistere solo allorquando “la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento”.

Un interessante provvedimento del Tribunale di La Spezia (sent. n. 553 del 8/06/2015) ha affermato come non costituisca interruzione del nesso di causalità (idonea a manlevare da colpa il conducente) l’attraversamento repentino della vittima sulle strisce pedonali, quand’anche la visibilità sia in parte oscurata dal parcheggio di auto in sosta  giacché l’autista è tenuto comunque ad osservare massima prudenza in prossimità delle strisce pedonali.

Possiamo dunque concludere che i diritti di una persona fisica incorsa in un incidente (in un momento in cui la stessa non si trovava a bordo di un veicolo) debbono essere affrontati anche in forza (e ‘forti’) delle previsioni normative e dei favorevoli orientamenti giurisprudenziali, sia di merito che di legittimità, sopra enunciati.

Avv. Francesco Carraro

(Foro di Padova)

 

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