L’esistenza di immissioni di fumi non implica necessariamente un danno risarcibile, poiché quando il fenomeno può essere eliminato mediante accorgimenti tecnici, il danno alla salute può essere escluso

La vicenda

L’attore aveva agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante dalle immissioni di fumi, calore ed esalazioni provenienti dal locale pizzeria gestito dalla convenuta (e di proprietà di altro soggetto anch’esso citato a giudizio), e di condannarli all’eliminazione delle immissioni contestate, con contestuale eliminazione del tratto della canna fumaria sottostante il balcone della sua proprietà.

I convenuti resistevano alla domanda, proponendo domanda riconvenzionale per il pagamento di 331,25 euro a titolo di indennizzo per il danno causato alla loro caldaia a seguito della eliminazione della canna fumaria manomessa arbitrariamente dall’attore, nonché la condanna di quest’ultimo all’integrale ripristino dello status quo ante.

La decisione dei giudici di merito

All’esito del giudizio di primo grado, l’adito Tribunale accoglieva in parte la domanda, condannando i convenuti ad eliminare le immissioni (di fumi) riscontrate anche dal C.T.U. e a porre in essere gli accorgimenti indicati dall’ausiliario, consistenti in particolare nell’installazione di cappe aspiranti a carboni attivi all’interno del locale pizzeria della convenuta e nella riparazione della canna fumaria, rivelatasi interrotta proprio in prossimità del balcone dell’attore. Respingeva, invece, tutte le altre domande da quest’ultimo proposte, come pure la domanda riconvenzionale spiegata dai convenuti.

La Corte d’Appello di Ancona confermava la decisione, rigettando la domanda risarcitoria proposta nuovamente dall’originario attore, in quanto il danno alla salute da egli allegato non era stato adeguatamente provato.

Sulla vicenda si sono infine, pronunciati i giudici della Seconda Sezione Civile della Cassazione con la sentenza in commento (n. 26882/2019).

Invero la sentenza della corte territoriale è risultata conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui “l’esistenza delle immissioni non implica necessariamente un danno risarcibile, poiché quando il fenomeno può essere eliminato mediante accorgimenti tecnici -come era avvenuto nel caso di specie- il danno alla salute può essere escluso.

In un caso di immissioni sonore si è infatti ritenuto che “L’accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili non costituisce di per sè prova dell’esistenza di danno alla salute, la cui risarcibilità è subordinata all’accertamento dell’effettiva esistenza di una lesione fisica o psichica” (Cass. Sez.3, Sentenza n. 25820 del 10/12/2009).

Ed anche in caso di immissioni di fumi “… eccedenti il limite della normale tollerabilità, non può essere risarcito il danno non patrimoniale consistente nella modifica delle abitudini di vita del danneggiato, in difetto di specifica prospettazione di un danno attuale e concreto alla sua salute o di altri profili di responsabilità del proprietario del fondo da cui si originano le immissioni” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4394 del 20/03/2012).

Nel caso specifico, la corte d’appello aveva dato atto del fatto che il ricorrente non avesse dimostrato il lamentato danno alla salute del quale invocava il risarcimento, esprimendo in tal modo un apprezzamento non censurabile in Cassazione. In particolare, la documentazione medica prodotta dal ricorrente non era stata ritenuta idonea ai fini della prova della derivazione causale del disagio lamentato dal fenomeno dannoso accertato.

In proposito, si è più volte detto che “L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014).

In definitiva, il ricorso è stato rigettato.

La redazione giuridica

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